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Perché l'Unhcr non critica Marco Minniti (mentre la Francia avanza dubbi)

Massimo Bordin

Alcuni canali legali di espatrio cominciano a funzionare e le ong esercitano un certo controllo su diversi campi profughi in Libia, dice Camilla Sani. Ma per Le Point il ministro è "il capo delle spie" 

La notizia c’è ma non è dato leggerla. L’ho capito parlando ieri con Carlotta Sami, portavoce nel Sud Europa dell’Unhcr (l’organizzazione Onu per i rifugiati). Avevamo partecipato al programma “Africa Oggi” curato da Shukri Said su Radio Radicale e ovviamente avevamo parlato di immigrazione. Spenti i microfoni le ho detto che mi era parso avesse modificato il suo giudizio sul ministro Minniti e mi sono sentito rispondere: “Da un po’ di tempo mi telefonano i giornalisti per chiedermi perché non attacco il ministro. Il fatto è che non ho motivo per farlo”. Infatti in trasmissione ha raccontato come, malgrado i timori iniziali, il ruolo dell’Unhcr in Libia sia garantito, alcuni canali legali di espatrio per i rifugiati comincino a funzionare, le ong esercitino un certo controllo sui campi profughi, anche se non proprio tutti, le autorità libiche, fra molti problemi dovuti alla presenza di due governi rivali, offrano comunque una interlocuzione.

Il settimanale francese Le Point ha dedicato a Marco Minniti e ai suoi successi un articolo dove si ricorda il ruolo da lui ricoperto nel governo D’Alema, sottosegretario ai servizi segreti che nel titolo francese diventa “le maître espion”, il capo delle spie. L’articolo viene presentato nel sommario come il ritratto di un personaggio controverso e vi si racconta dei suoi accordi segreti col governo di Tripoli e con le tribù beduine. Dal punto di vista francese non è buona notizia. Se si mettono insieme i giudizi della rappresentante Unhcr e di Le Point sembra che “le maître espion” stia provando con qualche successo a coniugare efficacia e legalità nell’intervento umanitario con l’interesse nazionale. Avvertire Emma Bonino.

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