Dopo 37 anni sulla strage di Bologna abbiamo fatto un passo avanti

Massimo Bordin

I parlamentari e i magistrati hanno visionati da tempo i documenti secretati. Perché è giusto la richiesta di desecretarli del tutto

Un passo avanti nelle consuete polemiche sulla strage di Bologna sta in una parola ambigua per i profani: desecretazione. Il lettore pensa al segreto di stato e si indigna, ma non è così. Il segreto di stato su fatti di strage, oltre che di terrorismo e di mafia, non può essere opposto alle indagini della magistratura. Per legge. Quest’anno, ecco la novità, lo si capisce anche dalle dichiarazioni dei politici. Per esempio ieri Maurizio Gasparri chiedeva la desecretazione di documenti che, scriveva, “abbiamo visionato”. Dunque, come i parlamentari, anche e a maggior ragione i magistrati li hanno visionati e da tempo ancora anteriore. E’ logico, perché da anni non c’è più il segreto di stato, per fatti di stragi, terrorismo e mafia, e non può avere effetti sulle indagini. Quei documenti restano invece chiusi per giornalisti e storici. Giusta a questo punto la richiesta di desecretarli del tutto, per il tempo passato e perché alcuni che li hanno letti, o ne hanno sentito parlare, li ritengono illuminanti sul movente della strage. Non è evidentemente il parere dei magistrati ma è giusto che si sappia di che si tratta. La seconda novità riguarda la matrice della strage. Una sentenza tormentata e contraddittoria fa dubitare delle condanne di Mambro e Fioravanti. Su questo non c’è dubbio. Dire però che la matrice neofascista era ingiustificata come filone di indagine e che nelle famose carte ci sono le prove di una pista alternativa che porta ai palestinesi può rivelarsi una forzatura analoga a quella che si imputa alla sentenza. Domani qui si prova a scrivere perché, ma in ogni caso quei documenti è meglio farli conoscere.

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