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Infiltrati, rivoluzionari e intelligence

Massimo Bordin
L’audizione di Alberto Franceschini, ieri di fronte alla ennesima commissione parlamentare sul caso Moro, è stata lunga ma, tutto sommato, non sono emerse grandi novità.
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L’audizione di Alberto Franceschini, ieri di fronte alla ennesima commissione parlamentare sul caso Moro, è stata lunga ma, tutto sommato, non sono emerse grandi novità. L’ex brigatista ha forse meglio spiegato quel che pensa del ruolo di Mario Moretti, precisando che non lo ha ritenuto un infiltrato quanto un rivoluzionario pronto però a patti e compromessi oscuri pur di raggiungere il suo scopo. E’ un complesso che si potrebbe chiamare “sindrome della stazione Finlandia”, arrivare a Pietroburgo con un treno pagato dal Kaiser e appena scesi scatenare la rivoluzione. Un mito da rivoluzionari e non da spie. La cosa più interessante è però un’altra, anch’essa già uscita ma mai valorizzata, sul misterioso Hyperion, la scuola di lingue fondata a Parigi da ex compagni delle prime BR a copertura di oscure attività. Erano agli ordini di qualche servizio straniero? Questo vuole una vulgata, che lo stesso Franceschini ha assecondato in alcuni momenti. Stavolta è stato più sfumato ha parlato di una struttura che “dava le regole ai servizi internazionali”. Una cosa un po’ diversa. Chi sa se, con tanti complottisti su piazza, qualcuno si accorge che una struttura simile è descritta nel libro di un giornalista ungaro-canadese, George Jonas, dove si racconta minuziosamente e con ottime fonti la vendetta del Mossad per l’eccidio di Monaco ’72. Vi compare una strana organizzazione con base a Parigi, chiamata nel libro “Le Group”. Giovanotti di sinistra che giocano con l’intelligence e le armi e aiutano chi fa “la cosa giusta”, indipendentemente da chi sia. Nel caso, la cosa giusta era vendicare i giovani atleti israeliani.
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