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Post referendum: me ne vado o resto dove sto?

Massimo Bordin
Viene sempre più insistentemente ribadito dal fronte del No al referendum, l’ultimo a esprimersi ieri è stato Massimo D’Alema, il penultimo Barak Obama.
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Viene sempre più insistentemente ribadito dal fronte del No al referendum, l’ultimo a esprimersi ieri è stato Massimo D’Alema, il penultimo Barak Obama, un concetto che rimanda alle prime affermazioni di Matteo Renzi, quelle tacciate di “personalizzazione”, nelle quali il presidente del Consiglio annunciava che se la riforma fosse stata sconfitta lui si sarebbe dimesso. Fu paragonato a Luigi XV, si ritenne l’idea una forzatura inammissibile. Si può capire una preoccupazione per la stabilità di un paese alleato, se chi parla osserva le cose da oltreoceano. E’ difficile invece capire una opposizione che a Renzi non risparmia alcuna critica ma, nel momento in cui il capo del governo dovesse perdere la sua battaglia principale, sia pronta a dirgli resta pure dove sei. Ricorda le elucubrazioni del professore Becchi, allora ideologo del M5s, quando, subito dopo le elezioni anticipate del 2013, sosteneva che poteva benissimo restare in carica il governo Monti. Detto più brutalmente, rubandolo da un vecchio tweet di Antonio Polito: “Se perdo me ne vado” è davvero peggio di “Se perdo resto dove sto”?
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