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Il momento magico delle manette

Massimo Bordin
Era un convegno sulla giustizia che si svolgeva, nella seconda metà degli anni 80, al tribunale di Roma con varie relazioni e tavole rotonde. Come sempre partecipavano magistrati e avvocati.
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Era un convegno sulla giustizia che si svolgeva, nella seconda metà degli anni 80, al tribunale di Roma con varie relazioni e tavole rotonde. Come sempre partecipavano magistrati e avvocati. Non me ne ricordo molto ma un episodio mi è rimasto impresso. In uno dei dibattiti  a contorno di quelli più affollati e per così dire di cartello, si parlava dei consigli giudiziari, strutture di peso molto relativo, allora come oggi, nel nostro sistema giudiziario. Valse comunque la pena averlo seguito perché vi si verificò un incidente significativo quando, a proposito della possibilità di dotare di diritto di voto i pochi avvocati presenti in quei consigli che esprimono un parere, null’altro, sui magistrati, Marcello Maddalena, magistrato a Torino dove allora credo fosse giudice istruttore, si dichiarò assolutamente contrario con la seguente argomentazione: “Non scherziamo. Qua si sta proponendo di chiedere il parere su di noi ai rappresentanti dei delinquenti”. Naturalmente, e giustamente, gli avvocati insorsero e a me rimase impressa l’espressione del dottore Maddalena che si guardava in giro con l’aria di quello che si chiedeva: “E che avrò detto mai? Non è forse così?”. Il dottore Maddalena è ormai andato in pensione, da procuratore generale di Torino, ma sulla sua opera rimane un libro intervista, edito nel 1994, dove il magistrato evoca quello che chiama “il momento magico delle manette”. Chi lo intervistava era, naturalmente, Marco Travaglio. Fa riflettere che, a decenni di distanza, alle prese con la legge di riforma, il giudizio dell’Anm sui consigli giudiziari e non solo, non sia cambiato in nulla nella sostanza. 
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