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Il Manifesto, Di Maio e Pinochet

Massimo Bordin
“Ieri a Napoli come domenica a Catania” non ha la stessa forza di “Oggi in Spagna domani in Italia”, ma l’evocazione del sommario di prima pagina del Manifesto di ieri può essere colta dai suoi lettori, molti dei quali avanti negli anni e istruiti.
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“Ieri a Napoli come domenica a Catania” non ha la stessa forza di “Oggi in Spagna domani in Italia”, ma l’evocazione del sommario di prima pagina del Manifesto di ieri può essere colta dai suoi lettori, molti dei quali avanti negli anni e istruiti. Nessuna evocazione può scattare invece per gli under 40 di opposizione, ai quali piuttosto si rivolge l’on. Di Maio, paragonando sobriamente Renzi a Pinochet. Più efficace il titolo di apertura del quotidiano diretto da Norma Rangeri : due parole, “Ovunque vada”, sopra una foto di poliziotti in assetto anti sommossa. Il codice comunicativo è chiaro. Si propone la “presenza militante” di giovani oppositori “ovunque vada” il presidente del Consiglio, così da rendere plastica l’immagine del premier che parla in sale o piazze circondate dalle forze di polizia a loro volta assediate da manifestazioni ostili. A condizione che nessuno si faccia male, è comprensibile che il “quotidiano comunista” registri con soddisfazione le manifestazioni di piazza antigovernative. La domanda che si può porre è quanto gli convenga. Le piazze saranno rumorose, forse tumultuanti, ma certo non gremite. L’opposizione sociale è oggi diversa da quella del secolo scorso e anche dell’inizio del nuovo millennio. La parte politicamente ascrivibile al Manifesto è ormai residuale, e divisa. Il sindacato, tutto, è stato fatto rientrare nel gioco da Renzi che per un Sì, o anche un No molto affievolito, è pronto a concessioni sostanziose. L’egemonia culturale di un assai ipotetico autunno caldo per il No resterebbe comunque a Brunetta e Di Maio. Al Manifesto conviene?
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