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I risvolti politici delle balle M5s sull'assessore Muraro

Massimo Bordin
E’ evidente che hanno raccontato balle e come minimo combinato un pasticcio. Il dibattito su cosa debba fare ora a Roma il M5s può risultare però poco appassionante.
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E’ evidente che hanno raccontato balle e come minimo combinato un pasticcio. Il dibattito su cosa debba fare ora a Roma il M5s può risultare però poco appassionante. Si può lasciare ai cultori della materia la differenza fra un avviso di garanzia e una procedura ai sensi del 335 Cpp, tanto dal punto di vista politico differenze non ce ne sono. Tanto meno vale la pena arrovellarsi sulla buona fede dell’on. Di Maio. L’avranno lasciato all’oscuro? In fin dei conti è un problema loro, come le eventuali dimissioni della Muraro o addirittura della Raggi, che possono certo essere chieste, ma solo da chi ragiona con la loro logica, che peraltro si evolve verso modi “più responsabili” come ha detto ieri il capogruppo M5s alla Regione Lazio. Benissimo. Allora vediamo qualche aspetto politico della faccenda. Intanto si era capito che dopo il trionfo romano “uno non vale più uno”. Fioccano direttorii, dal livello nazionale si è arrivati a quello locale. Non si capisce bene come i componenti siano eletti, ma non fa nulla. La struttura comunque diviene tradizionale anche se continuano a non definirsi un partito e forse, specie dopo la morte di Gianroberto Casaleggio, non lo sono davvero. Più che mai la sigla M5s è un franchising affidato a gruppi locali che qualche interesse finiscono per rappresentare. Per esempio, il modo pittoresco di esprimersi del neo assessore De Dominicis non deve far dimenticare che il suo assessorato è stato spacchettato e mentre a lui toccheranno “compiti di indirizzo”, qualcun altro si occuperà delle partecipate. E’ ragionevole dubitare che sarà scelto dal sindaco.
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