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Roma e il limbo di paura degli sconfitti

Massimo Bordin
Lo scandalo era stato di quelli che pesano. Il governatore della Regione Lazio fu costretto alle dimissioni. La vicenda è ancora nella memoria di molti, in fondo sono passati circa cinque anni, non un secolo. Le inevitabili elezioni anticipate vedevano il Pd ovviamente sulla difensiva, ma senza particolare fiducia.
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Lo scandalo era stato di quelli che pesano. Il governatore della Regione Lazio fu costretto alle dimissioni. La vicenda è ancora nella memoria di molti, in fondo sono passati circa cinque anni, non un secolo. Le inevitabili elezioni anticipate vedevano il Pd ovviamente sulla difensiva, ma senza particolare fiducia. Tutti capivano che si trattava di una formalità, la sconfitta era annunciata e, com’era logico, non c’era ressa per la candidatura a governatore. Tanto che si fece ricorso a una radicale, prestigiosa ma non amata dai capi corrente, che certo evitarono di farsi in quattro per lei. Ma si sa che i radicali sono attratti dalle imprese molto difficili, “il possibile contro il probabile”, “Spes contra spem”, eccetera. Dall’altra parte candidarono una donna, più giovane, che era apprezzata anche dai media di sinistra, soprattutto televisivi. La partita non poteva essere giocata solo da una candidata, sia pure prestigiosa come Emma Bonino. C’era bisogno dell’impegno corale del Pd, dai cui pregressi pasticci derivava la difficoltà dell’impresa. Invece la coesione mancò, e vinse Polverini. Poi andò malissimo. Nuovi scandali, nuove elezioni anticipate. Ma non è questo il punto. Qui non si auspica una fine ingloriosa per la giunta Raggi, anzi, almeno per buona creanza, si fanno gli auguri. E’ degli sconfitti che si intende notare una certa rigidità di schemi, una sorta di coazione a ripetere gli errori che danno l’idea di un ceto politico stremato, privo di idee, forse già in quel “limbo di paura e di logoramento” di cui scriveva ieri sul Corriere Massimo Franco.
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