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Il caso Moro e il tema del doppio

Massimo Bordin
Il tema del doppio evoca in letteratura trame formidabili. Jekyll e Hide, tanto per citarne una. Anche nei generi minori ha un suo fascino.Nel poliziesco ben fatto il doppio gioco sta dove non te lo aspetti. Solo nelle eterne indagini italiane, giudiziarie e parlamentari, il tema non evoca Pirandello o almeno Eric Ambler, piuttosto una Vuitton made in China.
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Il tema del doppio evoca in letteratura trame formidabili. Jekyll e Hide, tanto per citarne una. Anche nei generi minori ha un suo fascino.Nel poliziesco ben fatto il doppio gioco sta dove non te lo aspetti. Solo nelle eterne indagini italiane, giudiziarie e parlamentari, il tema non evoca Pirandello o almeno Eric Ambler, piuttosto una Vuitton made in China. Il doppio si trasforma in duplicato. Cominciò il presidente della indimenticabile commissione stragi, Giovanni Pellegrino, persona peraltro di spessore, con il caso Moro. Moro ostaggio? Troppo facile. Gli ostaggi erano in realtà due: lo statista e il verbale del suo interrogatorio o comunque le sue carte. Il doppio ostaggio. E vogliamo parlare di piazza Fontana? Non una sola bomba. Due. Una coda di taxi davanti alla Banca dell’Agricoltura. Scende prima un anarchico con la sua bomba ma poi arriva un fascista con un’altra. Non è uno scherzo, è una teoria che ha avuto grande attenzione. I duplicati creano il guazzabuglio, possono per partenogenesi produrne altri, insieme a istruttorie, articoli (anche come questo, va da sé), libri, film. Poteva sottrarsi all’espediente del duplicato il plot della trattativa stato-mafia, soprattutto ora che langue ormai sfruttato in ogni piega? Certo che no. E così si risale a Capaci, per rivalutare l’idea, già accennata senza troppa convinzione, del doppio esplosivo e del doppio cantiere che preparava la strage nelle viscere dell’autostrada. Neanche questo è uno scherzo. Ne hanno parlato seriamente gli eterni inquirenti, naturalmente litigando fra loro. Domani vediamo come.
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