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Discorsi sul referendum costituzionale

Massimo Bordin
Proviamo a immaginare che il referendum di ottobre si concluda con una inequivocabile sconfitta della riforma voluta dal governo. Cosa succederebbe? Di sicuro l’opposizione chiederebbe con un certo vigore che il governo, sconfitto su una questione certo non marginale, levasse il campo.
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A volte, non sempre perché le semplificazioni sono pericolose, alla politica si può guardare, per tentare di capirci qualcosa, con mente sgombra da sovrastrutture teoriche, applicando ad essa il buon senso dettato da una logica elementare. E’ un po’ il metodo del Candide di Voltaire. Proviamo a immaginare che il referendum di ottobre si concluda con una inequivocabile sconfitta della riforma voluta dal governo. Cosa succederebbe? Di sicuro l’opposizione chiederebbe con un certo vigore che il governo, sconfitto su una questione certo non marginale, levasse il campo. Non ci sarebbe obbligo, secondo Costituzione, ma visto che già oggi non passa giorno senza che qualche esponente autorevole della minoranza parlamentare intimi a Renzi di dimettersi, sarebbe a dir poco singolare che, sconfessato dal popolo, il governo si sentisse dire dall'opposizione “Avete perso ma guai a voi se non restate al governo”. Non si capisce allora perché sia così grave che Renzi abbia anticipato una conseguenza logica del voto di ottobre. Eppure il principe Zagrebelsky l’ha paragonato addirittura a Luigi XV che aveva un concetto di sé perfino più alto di quello del presidente rottamatore e infatti evocò diluvi ma si guardò bene dal parlare di dimissioni.
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