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Contro la riforma costituzionale

Massimo Bordin
Tutto sommato il più coerente nel negare il suo voto alla riforma costituzionale, votata definitivamente ieri, è stato un parlamentare del Pd, Franco Monaco.
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Tutto sommato il più coerente nel negare il suo voto alla riforma costituzionale, votata definitivamente ieri, è stato un parlamentare del Pd, Franco Monaco, che invece di agganciarsi ad argomentazioni messe fantasiosamente in campo dal M5s, e riprese a sinistra e a destra, a proposito di Parlamento non legittimato perché eletto con un sistema giudicato dalla Consulta incostituzionale, ha riportato alle origini la questione richiamando, come ha scritto in un comunicato, la categoria di “deriva plebiscitaria, che denunciò il vecchio Dossetti nel 1994 con toni allarmati”. Il termine di deriva plebiscitaria fu per la verità già largamente usato nel 1993 quando si votò il referendum sul sistema elettorale uninominale, ma effettivamente si affermò come discrimine politico, anche se ve ne furono altri di diverso tipo, nella breve legislatura fra il 94 e il 96. E’ passato quasi un quarto di secolo e oggi Renzi cita Dossetti che nel 1951, molto prima di spaventarsi per Berlusconi e Miglio, era tutt’altro che ostile a un rafforzamento dell’esecutivo mentre parlamentari della sinistra cattolica come Tonini e Sanna hanno votato convintamente la riforma. E lo stesso presidente della Repubblica nel suo discorso di fine anno alle alte cariche dello stato, parlando delle riforme, fu tutt’altro che critico, malgrado i pressanti appelli che gli erano stati rivolti. Solo che, siccome siamo uno strano paese, ieri è stato il capogruppo di Forza Italia a definire eversiva la riforma. Sembrerebbe un 1994 a parti rovesciate. E non solo per il voto di ieri.
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