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Le perplessità di Varoufakis

Massimo Bordin
Yanis Varoufakis era raggiante. La riunione romana all’Acquario era andata molto bene e lui ne era stata la incontrastata star.
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Yanis Varoufakis era raggiante. La riunione romana all’Acquario era andata molto bene e lui ne era stata la incontrastata star. Era anche riuscito ad evitare un intervento di quel mefistofelico anziano professore padovano, Toni Negri, che l’aveva presa malissimo ma era venuto comunque a sentirlo. Aveva comunque parlato un filosofo prestigioso, Etienne Balibar, il miglior discepolo di Louis Althusser, che aveva esposto l’ambizioso progetto di “Diem 25” riassumendolo con formule sufficientemente althusseriane e oscure tipo “democratizzare la democrazia con conflitti multilivello”. Era in ogni caso andato tutto benissimo. Il primo dubbio però Varoufakis l’aveva avuto quando si era informato su quali fossero le forze italiane coinvolte seriamente nell’ambizioso progetto. Un professore bolognese aveva parlato di “un campo di tensione che prefigura uno spazio europeo futuro”, ma in concreto Varoufakis non aveva capito bene. Solo alla fine, quando ha visto , come un’epifania, avvicinarsi il dottore Ingroia per abbracciarlo di fronte ai flash, Varoufakis ha capito. Tempo perso. Nella migliore delle ipotesi.
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