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I pm e l’eutanasia del Parlamento

Redazione

Il caso Cappato e l’anomalia di sentenze fatte rispettando leggi che non ci sono

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La Corte di Assise di Massa ha assolto Marco Cappato e Mina Welby, imputati per aiuto al suicidio di Davide Trentini, “perché il fatto non sussiste”. Cappato e Welby avevano accompagnato in Svizzera Trentini dove gli è stata praticata l’eutanasia. Il pubblico ministero Marco Mansi aveva chiesto una condanna, ma lo aveva fatto in un modo singolare, affermando che “il reato di aiuto al suicidio esiste, ma credo ai loro nobili intenti. È stato compiuto un atto nell’interesse di Davide Trentini, a cui mancano i presupposti che lo rendano lecito”.

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La Corte di Assise di Massa ha assolto Marco Cappato e Mina Welby, imputati per aiuto al suicidio di Davide Trentini, “perché il fatto non sussiste”. Cappato e Welby avevano accompagnato in Svizzera Trentini dove gli è stata praticata l’eutanasia. Il pubblico ministero Marco Mansi aveva chiesto una condanna, ma lo aveva fatto in un modo singolare, affermando che “il reato di aiuto al suicidio esiste, ma credo ai loro nobili intenti. È stato compiuto un atto nell’interesse di Davide Trentini, a cui mancano i presupposti che lo rendano lecito”.

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Cappato e la Welby si erano autodenunciati, nell’intento, riuscito, di demolire il reato di aiuto al suicidio, già delimitato da una sentenza della Corte costituzionale che giudicava sempre Cappato per un’altra vicenda analoga, quella di Dj Fabo. Al di là della questione specifica – sulla strada dei cosiddetti nuovi diritti c’è sempre la gara a chi li promuove di più – quello che suscita un interrogativo sostanziale è la formula “il reato esiste, ma”, che trasforma in qualche modo la magistratura in ente legislativo.

  

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È vero che il Parlamento non ha emanato una norma che corrisponde alla richiesta della Corte costituzionale di definire le condizioni in cui l’aiuto al suicidio non è punibile. Ma emanare sentenze che nascono da una norma inesistente, seppure invocata dalla Consulta, è un fatto singolare e preoccupante.

   

Peraltro nel caso di Davide Trentini la fattispecie non corrisponde esattamente a quella indicata dalla Corte costituzionale (l’aiuto al suicidio di persona tenuta in vita con l’idratazione e l’alimentazione artificiale), ma questo è un particolare irrilevante per il caso specifico che non c’entra con la questione generale: se debbano essere applicate le leggi che ci sono o anche quelle che si pensa ci dovrebbero essere.

  

Le ragioni umanitarie vanno sempre considerate, specialmente in casi di persone sottoposte a terribili sofferenze, ma se tale considerazione porta a una legalizzazione dell’eutanasia attiva si va contro un principio umanitario ancora più generale: l’inviolabilità della vita. E si è fatto a Massa un altro passo su questa strada sbagliata.

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