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editoriali

L’Onu contro l’“eugenetica liberale”

Redazione

Per la prima volta un documento ufficiale contro la selezione a inizio e fine vita

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Un funzionario delle Nazioni Unite contro quella che ha chiamato “eugenetica liberale”. Nella sua relazione al Consiglio per i diritti umani, la relatrice speciale dell’Onu sui diritti delle persone con disabilità Catalina Devandas-Aguilar scrive che “quando si discute di questioni come il test prenatale, l’aborto selettivo e la diagnosi genetica pre-impianto, vi è una preoccupazione condivisa tra gli attivisti per i diritti della disabilità che le analisi bioetiche vengano spesso utilizzate per fornire una giustificazione etica a una nuova forma di eugenetica”.

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Un funzionario delle Nazioni Unite contro quella che ha chiamato “eugenetica liberale”. Nella sua relazione al Consiglio per i diritti umani, la relatrice speciale dell’Onu sui diritti delle persone con disabilità Catalina Devandas-Aguilar scrive che “quando si discute di questioni come il test prenatale, l’aborto selettivo e la diagnosi genetica pre-impianto, vi è una preoccupazione condivisa tra gli attivisti per i diritti della disabilità che le analisi bioetiche vengano spesso utilizzate per fornire una giustificazione etica a una nuova forma di eugenetica”.

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Sebbene non ci sia oggi in occidente coercizione statale, “è probabile che l’effetto aggregato di molte scelte individuali produca risultati eugenetici”. Si dice anche che alcuni “bioeticisti utilitaristi hanno sostenuto che il potenziamento genetico è un obbligo morale e che è etico dare ai genitori la possibilità di eutanasizzare i loro neonati con disabilità”. Lo stesso vale per il fine vita: “Potrebbe seguire che è meglio essere morti che vivere con una disabilità”. 

 

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Catalina Devandas-Aguilar conosce il prezzo di questa “selezione” in nome del progresso. E’ su una sedia a rotelle a causa della spina bifida. E il suo messaggio è tanto più importante perché proviene da un alto rappresentante delle Nazioni Unite, le stesse che sono diventate una bandiera dei “diritti riproduttivi” nel mondo, espressione confortante dietro alla quale si celano spesso forme di miglioramento della specie tramite lo screening prenatale. Un messaggio che dovrebbe essere fatto proprio dal consesso civile, specie adesso che si trova a dover gestire una pandemia terribile e che ha già costretto molte democrazie a “scegliere” chi curare e chi no, sulla base dell’età, della fragilità e della “qualità della vita”. Anziani e disabili hanno paura.

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