(foto LaPresse)

One in-one out

Roberto Maroni

Per il rito romano “semplificare” è sinonimo di “complicare”. Che fare dunque? Per ogni nuova legge ne deve essere eliminata una vecchia

Il governo fa un gran parlare di lotta alla burocrazia e di snellimento della Pa. Ha annunciato la prossima emanazione del decreto “Semplificazioni”, peraltro più volte rimandato a causa di complicazioni burocratiche (ma guarda…). Domanda: serve semplificare la burocrazia da incubo che ci affligge? Risposta: ovviamente sì, solo la Grecia è peggio di noi. Domanda n.2: si può fare? Risposta: dipende. Dal 1950 l’Italia ha avuto ben 45 ministri della Pubblica amministrazione. Molti erano buoni conoscitori della macchina burocratica, alcuni erano davvero intenzionati a rendere più facile la vita a famiglie e imprese. Tutti alla fine sono stati incapaci di sconfiggere il moloch burocratico romano. Un esempio? La ministra Madia fece nel 2015 una legge di semplificazione chiara e semplice. Sennonché per applicare la sua legge furono emanati ben 26 decreti attuativi e una serie infinita di circolari interpretative. Risultato? Tutto più complicato di prima. Per il rito romano “semplificare” è sinonimo di “complicare”. Che fare dunque? Bisogna sfoltire le leggi, non farne di nuove, con Testi unici abrogativi. E poi applicare la regola del “ONE IN-ONE OUT”: per ogni nuova legge ne deve essere eliminata una vecchia. Infine consiglio di leggere l’ottimo studio sulla semplificazione fatto da The European House Ambrosetti: “La P.A. da Peso Aggiunto a Potenziale Aiuto”. Se il governo una volta tanto darà ascolto a chi ci capisce, il decreto “Semplificazioni” semplificherà davvero. Stay tuned.

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