Foto Ansa
BANDIERA BIANCA
Barbie, il più intelligente dei film scemi
La pellicola di Greta Gerwig è un film surrealista ed esistenzialista. Satira efficace che mostra un agghiacciante mondo femminista
Ho visto “Barbie”. È un film drammatico: non solo per l’irruzione dei pensieri di morte nel mondo delle bambole, che è un po’ come lo strappo nel cielo di carta che Pirandello immaginava per il teatro dei pupi, costringendo Oreste a desistere dai propositi di vendetta e trasformandolo in un dubbioso e distratto Amleto. È un film politico, distopico, che da un lato fa efficace satira sul fatto che a Barbieland i Ken siano trattati come le donne nel più retrivo mondo reale, dall’altro però dimostra in modo agghiacciante come in un ideale mondo totalmente femminista – dove le donne fanno tutto e sono ovunque, dalla Casa Bianca in giù – l’uomo risulterebbe inevitabilmente ridotto a bambolotto un po’ coglione. È un film surrealista, esistenzialista, il cui sottotesto dirompente è che la ricerca della felicità tramite l’affermazione di sé è fuffa fino a che si persiste a identificarsi in un genere, in un contesto sociale, in una tipologia ideologica, in un mondo sororale in cui tutte le Barbie si chiamano Barbie e si riconoscono a vicenda dicendo “Ciao, Barbie”. Ho visto “Barbie”: è il più intelligente dei film scemi e fa ridere, fa ridere tantissimo nel tentativo di non scoppiare in lacrime alla vista di tutto quel rosa che sembra nero.
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