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Bandiera Bianca

Due cose da tenere a mente per capire la lettera della preside di Firenze

Antonio Gurrado

Le lettere di tutti i presidi, compresa quella sul fascismo, rientrano in un peculiare genere letterario che si colloca in una zona grigia fra il libretto d’istruzioni e l’omelia. Ma peggio di queste c'è solo la risposta del ministro dell’istruzione

La lettera della preside – le lettere di tutti i presidi, per la verità, rientrano in un peculiare genere letterario che si colloca in una zona grigia fra il libretto d’istruzioni e l’omelia, o forse fra l’esortazione morale e il Dpcm, fra il buongiornissimo su Whatsapp e il discorso di fine anno dal Quirinale. Indefinibili per genere, le lettere dei presidi sono tuttavia uniformi nello stile, anzi nella lingua: sono infatti tutte scritte in scuolese, quel peculiare vocabolario che sceglie (anzi, predilige) sempre i sinonimi di registro più elevato, che non dichiara ma allude, e che, dovendo conciliare formalità e informalità, finisce quasi inevitabilmente per risultare paternalista (o, se la lettera è di una preside, maternalista). È un prodotto letterario ibrido e spiazzante, frutto della mancata definizione dei ruoli a monte. Cos’è infatti la scuola? Deve formare bravi studenti o cittadini buoni? Deve svolgere un programma prefissato o interpretare un’attualità fluida? Non si sa, non si è mai saputo. E i presidi, cosa fanno? Comandano davvero monocraticamente, come lamentano i sindacati, o sono costretti a barcamenarsi fra infinite pastoie burocratiche, non di rado contraddittorie, dichiarandosi prigionieri di un meccanismo che li schiaccia? Non si sa nemmeno questo, non lo sanno neanche loro. Così, un po’ Papi un po’ sacrestani, di tanto in tanto i presidi lanciano grida d’aiuto sotto forma epistolare, ora per chiamare alla resistenza ora per diffondere un meme sull’inizio dell’anno scolastico, ora per raccomandare di seguire la tal conferenza ora per ricordare quali moduli vadano allegati alla certificazione del recupero delle insufficienze nel primo quadrimestre; e queste lettere, finché un giornalista non le scova, si accumulano nella bacheca del registro elettronico insieme alla modulistica per i viaggi d’istruzione e alle direttive per lo svolgimento delle prove Invalsi, messaggi nella bottiglia a picco in un mare di circolari. Questa è una delle due cose da tenere a mente prima di considerare la famosa lettera della famosa preside di Firenze. L’altra è che l’unico genere letterario più assurdo e disperato della lettera del preside è, da sempre, la risposta del ministro dell’istruzione.

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