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BANDIERA BIANCA

Republic contro Carlo III

Antonio Gurrado

Nel Regno Unito è partita la campagna #notmyking contro l'erede di Elisabetta. Ma è una campagna che rifiuta il principio di realtà, viste le istanze che la animano 

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Un Carlo III dall’aria lievemente allarmata si affaccia dallo sfondo giallo dei manifesti 6x3 di cui il movimento politico Republic sta tappezzando il Regno Unito, di fianco allo slogan #notmyking. Fermo restando che la libertà di opinione consente a chiunque di mantenere le posizioni più balzane, e perfino di preferire la repubblica alla monarchia, è singolare l’appello intrinseco allo slogan: che non invita a rovesciare la monarchia britannica in quanto minoritaria (infatti solo il 22% ritiene che la repubblica sia meglio, secondo un sondaggio pubblicato sul Guardian) né a decapitare il sovrano in un remake del 1649; bensì di compiere l’atto solipsistico di non riconoscere Carlo III come proprio re. E quindi?

Poniamo che sia l’inverso, ovvero l’assurdo caso di scuola in cui all’interno di una repubblica ci sia una minoranza di monarchici. Come dovrebbero regolarsi rispetto al capo dello Stato? Se non lo riconoscessero come tale in quanto singolo individuo, poiché magari contrariati dalla sua elezione a discapito di un altro candidato, dovrebbero rassegnarsi perché le regole del gioco istituzionale sono quelle e non possono essere adeguate a sporadici capricci. Se invece non lo riconoscessero come tale in quanto incarnazione dell’istituzione, poiché a loro parere la repubblica è peggio della monarchia, dovrebbero rassegnarsi lo stesso perché lo Stato in cui vivono ha quell’ordinamento, che potrà essere mutato solo quando diventeranno la maggioranza, se mai accadrà. Vale lo stesso per i repubblicani. In entrambi i casi, sarebbero additati o come nemici della democrazia o come picchiatelli che si sottraggono al principio di realtà. Sarà per questo che Carlo III, dallo sfondo giallo del manifesto, li osserva con aria lievemente allarmata.

 

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