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bandiera bianca

Il commovente silenzio di Londra in lutto per la Regina

Antonio Gurrado

In un mondo in cui tutto si risolve o si raffazzona, in cui l’evento più triste viene inondato di retorica o esibizionismo per edulcorarlo, ci vuole la monarchia per ricordarci coi suoi riti solenni l’arrivo di un punto che non si può disfare

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Perché piango davanti ai funerali della Regina Elisabetta, bagnando di lacrime il quadernone su cui lo scrivo? Credo sia per il silenzio. Il silenzio in cui rintocca il passo cadenzato del corteo di militi per le strade di Londra. Il silenzio dei cronisti della tv britannica, che mormorano lo stretto indispensabile durante l’evento, tacendo anche per quarti d’ora interi. Il silenzio dei quotidiani inglesi usciti oggi con le notizie ma senza pubblicità, perché la colorata caciara del commercio stride col lutto. È un silenzio – questo attorno a una corona, un globo e uno scettro posati su una bara – fatto apposta per pensare all’irreversibile. In un mondo in cui tutto si risolve o si raffazzona, in cui l’evento più triste viene inondato di retorica o esibizionismo per edulcorarlo, in cui è sedimentata la convinzione che nulla sia definitivo e a tutto ci sia rimedio, ci vuole il bel funeralone di un sovrano, ci vuole la monarchia per ricordarci coi suoi riti solenni l’arrivo di un punto che non si può disfare, quando non c’è consolazione possibile né opportunità di far finta di niente, minimizzando. Risuona il passo cadenzato dei militi e dovremmo piangere tutti, nella Regina, il figlio che perde la madre, la vedova che raggiunge il marito, la storia che chiude un libro, il tempo che abbiamo perso, gli amori che sono finiti, il bello che non tornerà. Mentre passa il feretro regio, piangiamo ognuno per i propri motivi, approfittando di questo sacro intervallo di irreversibilità. Per cosa dovremmo piangere, altrimenti? Per la campagna elettorale?

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