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bandiera bianca

L'inutile questionario sulla qualità del mio viaggio

Antonio Gurrado

Per telefono mi hanno chiesto se viaggiando in treno ho avuto paura del Covid o di essere aggredito. Ma non del ritardo accumulato sia all'andata che al ritorno

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Ho preso un treno, non l’avessi mai fatto, e il giorno dopo sono stato sottoposto al questionario telefonico sulla qualità del viaggio. Mi è stato chiesto se avessi avuto paura e io – sarà che non prendevo un treno da molto tempo – ho ingenuamente domandato di cosa. Ma del Covid, ovvio. A malincuore ho dovuto ammettere di no ma mi è stato chiesto di essere più specifico: quanta paura avevo provato, da uno a dieci? Il misero due che ho espresso è stato accolto con scetticismo, forse degnazione, pari solo alla delusione nell’apprendere che gli altri passeggeri attorno a me rispettavano le norme di sicurezza. Mascherine? Mascherine. Distanziamento? Distanziamento. Mi è stato chiesto a tradimento se mi fossi disinfettato le mani e mi sono rifugiato in un prudente “io sì”, non sentendomela di impegnarmi a nome di tutti i passeggeri del convoglio; al che mi è stato inferto l’affondo decisivo: “Quindi le hanno anche misurato la temperatura all’ingresso della stazione?”. No, in effetti, quello no, ho mormorato colpevolmente prima che mi venisse domandato di cosa allora avessi paura durante i viaggi in treno.

Mi sono state offerte varie opzioni: venire aggredito, venire derubato, venire molestato, venire infastidito. Parendomi maleducato rifiutare, ho scelto l’infastidimento. Mi è stato dunque richiesto di elencare i casi di molestia, furto e aggressione in cui sono stato coinvolto, presumo come vittima. Nessuno, a mia memoria. Nemmeno come testimone? Messo alle strette ho dovuto confessare che, credo nel 2006, avevo assistito allo scippo di uno zaino. È seguita pertanto una batteria di domande su come ritenessi fosse opportuno garantire maggiore sicurezza sui treni e nelle stazioni, con un ventaglio che andava più o meno dall’utilizzo dei tornelli all’intervento dei cingolati. Crepi l’avarizia, ho proposto anche di installare delle telecamere a circuito chiuso, ma sono stato trovato impreparato alla questione sull’evenienza che potessero essercene già sul treno che avevo preso io stesso. Dopo avermi messo (immagino) un voto basso, l’operatore mi ha domandato se questi accorgimenti mi avrebbero consentito di avere meno paura in treno, prima di chiudere la conversazione sulla qualità del viaggio. Avrei voluto far presente che il treno ha accusato un quarto d’ora di ritardo su un tragitto di venti minuti, sia all’andata sia al ritorno, ma ho preferito non inquinare con dei dati di fatto un’indagine sulle mie sensazioni.

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