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Bandiera bianca

Se l'ultima speranza per la letteratura italiana sono i detenuti di Mirov

Antonio Gurrado

I reclusi nel carcere ceco, dopo avere imparato l'italiano da autodidatti, hanno scritto una lettera all’Istituto di Cultura di Praga chiedendo di ricevere alcuni nostri classici. Gli stessi che da noi non legge più nessuno

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Alla cortese attenzione dei detenuti del carcere ceco di Mirov.

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Alla cortese attenzione dei detenuti del carcere ceco di Mirov.

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Gentili signori, mi ha molto colpito la garbata missiva che avete indirizzato all’Istituto Italiano di Cultura di Praga, richiedendo l’invio di volumi della nostra letteratura dopo avere imparato la lingua da autodidatti, con un’affascinante patina di garbo ottocentesco. In particolar modo mi ha commosso la dichiarazione secondo cui bramate, addirittura, di leggere “Il Principe” di Machiavelli così come, presumo, altri classici e capolavori nell’idioma gentile. Mi duole tuttavia informarvi che i nostri gusti si sono evoluti: è da qualche tempo ormai che noi italiani abbiamo cessato di bramare sia i classici sia i capolavori.

 

Se guardate la classifica dei libri più venduti, non ci sono non dico Machiavelli o Manzoni, né Boccaccio o Ariosto, ma nemmeno Pirandello, Svevo, Gadda, Calvino, Moravia, la Deledda o Buzzati, per non parlare di Meneghello, Bianciardi, Malerba, Anna Maria Ortese… Eppure le edizioni economiche dei loro libri costano molto meno dei volumi che campeggiano in cima alle liste dei più venduti. Vorrà forse dire che siamo diventati una nazione ricca, dove non si bada a spese quindi non si soppesa più di tanto il rapporto qualità/prezzo. Pazienza; sto preparando per voi un pacchettino con un paio di omaggi che forse gradirete e fra le cui righe leggerete magari una speranza: che fra qualche secolo la letteratura italiana, definitivamente affossata nella Penisola, sia salvata dai detenuti di un carcere di massima sicurezza a mille e rotti chilometri da qui.

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