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Bandiera Bianca

La rivelazione dell’indolenza

Antonio Gurrado

Il furbetto del cartellino si nasconde dentro ciascuno di noi. Detestiamo in pubblico fannulloni e bamboccioni perché li sentiamo intimamente nostri simili e fratelli

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In Italia le testate abbondano ma temo ne manchi una che corrisponda al britannico The Idler, che da noi potremmo tradurre con “Il pigro” o meglio ancora con “Il poltrone”, se non addirittura con “Il fancazzista” o magari “Far niente”. Anche se, considerata la predilezione che noi italiani nutriamo per citare i classici che non abbiamo letto, probabilmente l’edizione nostrana finirebbe per chiamarsi “Oblomov”.

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In Italia le testate abbondano ma temo ne manchi una che corrisponda al britannico The Idler, che da noi potremmo tradurre con “Il pigro” o meglio ancora con “Il poltrone”, se non addirittura con “Il fancazzista” o magari “Far niente”. Anche se, considerata la predilezione che noi italiani nutriamo per citare i classici che non abbiamo letto, probabilmente l’edizione nostrana finirebbe per chiamarsi “Oblomov”.

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Come che sia, ne avverto la mancanza poiché ogni volta che vado in edicola i rotocalchi multicolori tutt’attorno mi incitano e mi spronano, mi incoraggiano e mi aizzano, vogliono che guardi film e legga libri, cucini e vada a cavallo, mi curi le unghie e faccia giardinaggio, impari tutti i giochi di carte e mi dia al bricolage, tracci quadri astrali e costruisca modellini di gru, collezioni statuette e diventi esperto di fisica quantistica, mi scolpisca i muscoli e apprenda a far girare nel modo più accattivante il fidget spinner; talché non di rado rincaso dall’edicola senza avere comprato nulla però stanchissimo.

  

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The Idler invece è un rotocalco che verte sulla massima ambizione dell’essere umano: non fare più niente o, se proprio, fare il meno possibile; meglio ancora, nel tono elegantissimo che lo caratterizza, prediligere a una vita vanamente attiva una sana vita contemplativa.

  

Per rendere l’idea, l’ultimo numero dedica un dossier speciale al lavorare dal letto, che tracima in un condivisibile elogio dello stare a letto anche senza lavorare; una retrospettiva su quando Dickens e Wilkie Collins intrapresero una spedizione nei boschi allo scopo di non imparare nulla sulla natura; e un approfondimento alla squadra scozzese che perse 36-0 una partita di coppa perché il portiere dimenticò di presentarsi.

  

Sorge il sospetto che in Italia una rivista espressamente focalizzata sul dolce far niente avrebbe vita grama in quanto vellicherebbe il timore forse più radicato nel nostro carattere nazionale: la rivelazione dell’indolenza, lo smascheramento del furbetto del cartellino celato dentro ciascuno di noi, l’ammissione che detestiamo in pubblico fannulloni e bamboccioni perché li sentiamo intimamente nostri simili e fratelli. Ci indaffariamo ogni giorno perché siamo degli scansafatiche, e ogni giorno in edicola arrivano testate che ci assillano per farci fare fare fare; The Idler invece esce una volta ogni due mesi, se ne ha voglia.

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