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Bandiera Bianca

Non basta cantare Imagine per ricordare John Lennon

Antonio Gurrado

Sono passati quarant'anni dalla morte del cantautore e tutti intonano sempre e solo la sua più celebre canzone, spesso senza neanche capirne il significato. Ma se non vogliamo che resti confinato nell’empireo dei cantanti inascoltati è ora di scoprire il resto della sua produzione sterminata

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No, “Imagine” no! Scoccano i quarant’anni dalla morte di John Lennon ed ecco che, come un sol uomo, il mondo intona la sua canzone più celebre per ricordarlo. Ciò comporta almeno due problemi che, se ci si ricorda più o meno com’era davvero John Lennon, come minimo avrebbero procurato una di quelle sue risposte tranchant, taglienti come la sua voce.

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No, “Imagine” no! Scoccano i quarant’anni dalla morte di John Lennon ed ecco che, come un sol uomo, il mondo intona la sua canzone più celebre per ricordarlo. Ciò comporta almeno due problemi che, se ci si ricorda più o meno com’era davvero John Lennon, come minimo avrebbero procurato una di quelle sue risposte tranchant, taglienti come la sua voce.

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Primo: “Imagine” è un inno alla eliminazione della proprietà privata, dei confini nazionali, delle fedi religiose; tutti temi su cui possiamo discutere quanto volete ma che mal si adattano alla melassa di cui la canzone è stata ricoperta nei decenni, diventando una docile melodia lenitiva diametralmente opposta alle intenzioni dell’autore. Non è un caso infatti che, non solo in Italia dove l’analfabetismo anglofono è di casa, sovente la si canticchia dimenticandosi le parole, ingarbugliandole, sostituendole con un grammelot mormorato come per la parte dell’Inno di Mameli su aquile spennate e cosacchi che bevono sangue.

 

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Secondo: “Imagine” copre tre minuti e un secondo della produzione sterminata di un cantautore, sia in gruppo sia da solista, della cui opera non è rappresentativa. Già solo nell’album omonimo si possono pescare esemplari a bizzeffe del carattere idiosincratico di John Lennon. Perché non lo commemoriamo con la cavernosa cantilena di “I don’t want to be a soldier”? O con la passivo-aggressività di “Jealous guy”? O con le strimpellate piuttosto isteriche che accompagnano “Crippled inside”? O con la spietata invettiva anti-McCartney, “How do you sleep”? Chi lo sa. E quindi, che siano passati quaranta minuti o quarant’anni dalla morte di John Lennon, più ripetiamo “Imagine” per ricordarlo più lo confiniamo nell’empireo dei cantanti inascoltati.

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