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Arte ed etica, la frattura provocata dal caso Kevin Spacey

Antonio Gurrado

Negare riconoscimenti e lavoro a un artista in ragione del suo contegno implica considerarlo quale esempio per il pubblico, e non numinoso balocco

Non è questione di scommettere sul nome del prossimo insospettabile che un’attricetta o un attricetto accuserà di molestie domani (sono tutti sospettabili); né di prevedere se dopo gli Emmy revocheranno anche gli Oscar, i Bafta, i Telegatti e le stelle sulla Walk of fame. La questione, più radicalmente, è che la sorte di Kevin Spacey ha segnato la fine della distinzione fra estetica ed etica e quindi il tramonto dell’eccezionalità dell’artista e del suo vivere inimitabile. Negare riconoscimenti e lavoro a un artista in ragione del suo contegno - ovvero a discapito del suo talento - implica considerarlo quale esempio per il pubblico, e non numinoso balocco. Che un produttore (o editore, o gallerista) si dissoci pubblicamente dalla sregolatezza del genio significa che gli preme ormai, più che coccolare l’irripetibilità del suo protetto, rassicurare il pubblico annullando la distanza dall’artista nel calderone del giudizio etico indistinto. È un modo di dire ai clienti, a chi paga il biglietto, che non c’è differenza fra le loro vite insignificanti e il talento strabordante dei divi: per questo, dunque, tutti possono cadere e tutti essere sottoposti allo stesso metro morale, quindi perfino il più grande attore del mondo (o pittore, o scultore, o musicista) venire trascinato alla gogna come un delinquente comune. È il compimento e culmine della disintermediazione; infatti l’epicentro della cagnara contro i molestatori celebri è nei social network, dove chiunque può illudersi di sentirsi al pari degli artisti perché tutti comunemente schedati nel medesimo template asettico e tutti in diritto di produrre contenuti. Si tratta dei medesimi social network che censurano “Il bacio” di Rodin o “L’origine del mondo” di Courbet perché, lì dove sempre meno eletti scorgono l’eccezionalità dell’arte, sempre più persone vedono solo corpi nudi avvinghiati, aperti.

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