Il royal baby è arcitaliano come l’altro, rassegnatevi ottimati!
Il puffo ha generato il putto. Poteva essere più fortunato all’uscita del libro il povero autore Rizzoli di un pamphlet sull’identità linguistica di Berlusconi e del suo erede? Non poteva.
Ma che c’è a spiegazione? Perché i due presidenti del Consiglio anomali che la storia ci ha regalato o rifilato, Berlusconi e Renzi, il re e il royal baby, praticano entrambi questa informalità che i ghiottoni di burocrazia protocollare vomitano come sugo alle vongole capace di sporcare la famosa immagine dell’Italia all’estero? Quando si dice “partito della nazione” si dice quasi niente, eppure lì c’è tutto. Se sei un leader trasversale e self made, italianissimo, se ti sei fatto largo contro l’establishment, vuoi Mediobanca vuoi il complesso d’apparato della vecchia politica ex Pci ed ex Dc, se incorpori il narcisismo tipico delle leadership personali, se sai valutare il pubblico televisivo e il pubblico femminile, fino a coinvolgere le donne tra la tua classe dirigente nelle forme a quota politica di Renzi o nell’immaginosa corte regale simil-harem di Berlusconi, se hai in bocca qualcosa di non medio, artefatto, solidamente burocratico, qualcosa di particolare, come l’accento fiorentino o milanese, e i vezzi conseguenti, se sei tutto questo poi non puoi far finta di niente, non ti puoi presentare come uno selezionato dalle istituzioni e dai partiti per servire le une e gli altri. E’ una questione di congruenza tra gioco di ruolo e funzione pubblica, tra assetto privato e carisma del comando legittimato dal consenso.
Che dire? Certo, ci siamo beccati le risate di Sarkozy, ma quanto fa ridere, e per di più senza volerlo, l’ex avvocato di Berlusconi nel ruolo di interprete napoleonico, ma alla de Funès, della grandeur? Il destino degli italiani, famosa sceneggiatura fantozziana, è di farsi riconoscere, in particolare quando girano il mondo. Ma nel fondo del loro cuore tutti gli italiani sono augustamente provinciali, da ex razza imperiale, e condividono il motto romanesco: mejo la galera che l’estero. E hanno la vena del comico, sono rappresentazioni itineranti, arrangiate come nella commedia dell’arte, sono artisti di circo ma furbi, capaci di far vedere i sorci verdi a chi è paludato più di loro, a chi ha scelto il destino della rassicurazione incolore, del grigio politico di stato.
[**Video_box_2**]Se non hai un vero stato per vocazione della storia, se la tua patria è un coacervo di terre, se vivi all’ombra del cupolone vaticano da secoli, allora è comprensibile che la politica ti faccia signore, aristocratico per caso o per avventura, piuttosto che statista con i segni della continuità e della contiguità europea. D’Alema fu uomo politico pubblico tradizionale anche nella seconda Repubblica e Craxi ne era il prototipo nella prima. Non poteva reggere, quello schema di serietà ingrugnita e inciprignita, gli italiani vogliono altro che non sia pompa e circostanza, vogliono le tarantelle del potere, il godimento anche allegro, pur in mezzo alla crisi, delle gioie della scena e del palcoscenico. Perciò rassegnatevi, azionisti e antitaliani di tutte le risme: l’arcitaliano resterà a lungo tra voi.