L’uomo è cattivo, ma la natura è peggio
C’è sempre un colpevole, nel nuovo stucchevole romanzo a puntate sulla malattia del pianeta e del clima, e quel colpevole è l’uomo. Se piove poco è colpa dell’uomo, se piove troppo idem, se il fiume esonda è colpa dell’uomo, se il lago si secca pure.
Roma. C’è sempre un colpevole, nel nuovo stucchevole romanzo a puntate sulla malattia del pianeta e del clima, e quel colpevole è l’uomo. Se piove poco è colpa dell’uomo, se piove troppo idem, se il fiume esonda è colpa dell’uomo, se il lago si secca pure. Quando non è responsabilità del sindaco, della provincia, della regione, dello stato, dei meteorologi o della Protezione civile, è comunque colpa delle emissioni di gas serra prodotte dall’uomo. L’idea di fondo è che la natura di per sé sarebbe buona, ma la nostra cattiva gestione la rende crudele. Mancanza di memoria storica e paraculismo producono mostri. “La natura non è buona né giusta né bella”, dice Chicco Testa nel suo ultimo libro scritto con Patrizia Feletig, “Contro (la) natura” (Marsilio).
“La specie umana è una specie di successo – spiega ancora Testa – anzi è quella che nell’ultimo milione di anni ha avuto più successo. Ha operato trasformazioni che l’hanno insediata sempre più saldamente nel pianeta”. Negli ecosistemi però ci sono sempre state le catastrofi, e pensare che la colpa sia sempre nostra non serve a evitarle. “Stiamo tagliando il ramo su cui siamo seduti? I dati ci dicono di no, le nostre condizioni continuano a migliorare”. Nel suo libro Chicco Testa racconta di come il nostro paesaggio abituale non sia più la natura, ma un mondo “largamente artificializzato che abbiamo costruito e che nasce dal connubio tra spinte naturali e ingegno umano”. New York e Venezia esistono perché l’uomo si è fatto largo tra vegetazione inospitale cacciando dal loro habitat specie animali e volatili con quella che oggi verrebbe definita speculazione edilizia (e con modalità analoghe sono nate e cresciute parecchie città in tutto il mondo). Non è un fantomatico ritorno alla natura che impedirà ai fiumi di esondare, né permetterà a noi di vivere meglio. C’è un capitolo provocatorio, nel libro di Testa, ma inconfutabile: paradossalmente si vive meglio là dove c’è l’inquinamento che non dove l’aria è pura, dice, “l’aspettativa di vita è maggiore in una città industrializzata dell’occidente che in una campagna africana o nella steppa russa”.