Barack Obama (foto LaPresse)

Obama vuole conferme di midterm al paradigma “it's the economy, stupid”

L’economia è per distacco la prima preoccupazione per gli americani che martedì vanno alle urne a rinnovare l’intera Camera dei deputati e un terzo del Senato.

New York. L’economia americana è cresciuta del 3,5 per cento nell’ultimo trimestre, mezzo punto percentuale al di sopra delle stime degli economisti. E’ la prima indicazione credibile attorno all’andamento del pil dopo due trimestri viziati dalle congiunture: l’inverno rigido ha scoraggiato i consumi, la primavera ha goduto del rimbalzo che sempre segue ogni caduta episodica, segnando una crescita superiore al 4,5 per cento. L’estate mostra che l’America continua a crescere. Lo fa a ritmi ancora lontani da quelli di un’economia nel pieno del suo vigore, ma considerati i venti gelidi che vengono dall’Europa un +3,5 per cento suona come una benedizione. E una conferma intorno alla decisione della Federal Reserve di interrompere il programma di riacquisto di titoli e altri beni: gli economisti della Banca centrale notano un “rafforzamento sufficiente dell’economia in generale” per riporre gli strumenti monetari non convenzionali e lasciare che il sistema cammini sulle proprie gambe. Ancora non può correre, ma correrà.

 

Il mercato del lavoro, dice la Fed, ha subito “miglioramenti sostanziali” dall’inizio del programma di riacquisto di due anni fa, e nonostante il generale restringimento della forza lavoro i segnali sono positivi. Barack Obama guarda tutto sommato con soddisfazione i dati sulla crescita, ma allo stesso tempo teme la congiuntura elettorale di martedì. Il vento di midterm non promette niente di buono per i democratici, che hanno ottime possibilità di perdere la maggioranza al Senato, e non è chiaro se i dati sulla crescita sono abbastanza confortanti da spostare voti verso sinistra. Lo stratega James Carville aveva certamente ragione quando ha coniato per Bill Clinton lo slogan “it’s the economy, stupid!” e i sondaggi dicono che ha ragione ancora oggi. Secondo l’istituto Gallup, l’economia è per distacco la prima preoccupazione per gli americani che martedì vanno alle urne a rinnovare l’intera Camera dei deputati e un terzo del Senato. Gli altri sondaggisti ricalcano sostanzialmente la valutazione. Lo Stato islamico preoccupa, l’ebola getta nel panico, ma tutto sommato agli americani importa di più quello che succede a Detroit di quello che succede a Kobane. E che l’economia faccia passi in avanti è una notizia che può fare bene ai democratici, almeno al livello delle battaglie locali.

 

[**Video_box_2**]Le elezioni di midterm si svolgono su due livelli. Da una parte c’è la campagna nazionale, che in sostanza è un complesso e capillare referendum sull’operato del presidente. A questo livello della sfida, Obama è bloccato: i candidati democratici evitano scientificamente l’associazione con il presidente e la Casa Bianca, dal canto suo, ha ben poche cartucce elettorali da offrire agli uomini al fronte. Difficile trasformare un dato economico che è positivo soltanto se paragonato al contesto in uno spettacolare messaggio di speranza da lanciare all’ultimo minuto. La buona performance del trimestre unita al ritorno alla normalità annunciato dalla Fed potrebbe però avere qualche effetto nel secondo livello a cui si gioca il midterm, quello locale, dove ogni sfida è una partita a sé che prescinde dalle dinamiche nazionali. Certo, dice il Wall Street Journal, è “difficile convincere chi non ha ricevuto un aumento di stipendio in cinque anni” ma allo stesso tempo a sinistra si cerca di far intendere che quella democratica è la ricetta giusta per tornare a crescere. Troppo lentamente? Sì, ma guardate l’Europa com’è messa. Non è uno slogan vincente, ma l’intera tornata è ispirata al criterio del meno peggio. Sono ragionamenti di questo tenore che girano nel fronte democratico in questi ultimi giorni di campagna elettorale. E sarà interessante vedere come la percezione dell’andamento dell’economia influenzerà campagne come quella – combattutissima – della Georgia, lo stato americano con il tasso di disoccupazione più alto.

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