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Calcio moribondo, Paese già morto

Redazione

L’umiliazione della Roma in Champions, l’addio di Moratti e la mediocrità del pallone italiano che si scopre povero, perdente e senza futuro.

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Malconcio, bastonato e più povero. Questa l’immagine del calcio italiano alla fine di una settimana segnata dall’umiliazione in Champions della Roma, dalle sconfitte europee di Juventus e Napoli e dall’addio polemico di Massimo Moratti all’Inter.

 

«“Il calcio italiano sarà presto moribondo”, ha detto Andrea Agnelli venerdì all’assemblea degli azionisti bianconeri, usando la gentilezza del verbo al futuro e dell’aggettivo non ancora definitivo. Il corpo malridotto della serie A ha bisogno di un massaggio cardiaco, forse di un elettrochoc».

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Emanuele Gamba, la Repubblica 25/10

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Per il presidente della Juventus è in atto un conflitto politico tra le «forze conservatrici che al momento paiono prevalere» e quelle riformiste: cioè lui e pochi altri (vedi la Roma). Tra le righe, ci sono attacchi anonimi però durissimi non solamente a Tavecchio ma soprattutto a Galliani (e dunque a Berlusconi) e a Lotito. Li accusa di tutelare «piccoli e grandi interessi particolari e rendite personali».

Emanuele Gamba, la Repubblica 25/10

 

Mario Sconcerti: «Siamo abituati a perdere dai più forti, non capiamo adesso perché anche gli altri lo siano diventati. Come a tutti i vecchi padroni, la democrazia fa un po’ paura e questa paura disorienta».

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Mario Sconcerti, Corriere della Sera 23/10

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«Martedì la Roma è stata polverizzata da una squadra di categoria superiore (il Bayern), mercoledì la Juve battuta di stretta misura ma da un avversario, rispettabile certo, di categoria oggettivamente inferiore (l’Olympiacos). È questo il verdetto europeo per le due squadre regine del nostro campionato: che ci costringe una volta di più a domandarci, ma la domanda ormai è retorica, quale sia il livello del calcio di casa nostra».

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Gigi Garanzini, La Stampa 23/10

 

Spietata l’analisi di Silvio Berlusconi, che da presidente del Milan ha vinto tra l’altro due Coppe Campioni e tre Champions: «Le sconfitte di Roma e Juve, in particolare quella della Roma, deprezzano i valori del calcio italiano. I parametri societari si abbassano. Non solo, si perdono anche posizioni nel ranking europeo. Dopo un 7-1 simile, un nostro giocatore può arrivare a valere addirittura un quattordicesimo rispetto a un giocatore che milita nel campionato tedesco».

Arianna Ravelli, Corriere della Sera 24/10

 

La sconfitta della Roma è sembrata un episodio così straordinario da non fare testo. Sconcerti: «È stata sbagliata partita, fin dall’inizio, questo è certo. Ma la differenza tra le squadre è stata imbarazzante. Così la vera scusa diventa che è stato tutto così orribile da non poter essere vero. La giustificazione dei folli. D’altra parte, se avesse senso il risultato, di cosa avremmo realmente discusso fino a ora? E, soprattutto, cosa sarebbe il nostro calcio?».

Mario Sconcerti, Corriere della Sera 22/10

 

Le cifre sono impietose: nelle ultime quattro stagioni siamo riusciti a conquistare solo una semifinale in Europa League, persa, dalla Juve con il Benfica. Intanto siamo stati retrocessi nel ranking Uefa e abbiamo perso un posto in Champions, da quattro a tre squadre. Nello stesso tempo la Spagna ha vinto quattro coppe e portato complessivamente venti squadre fino ai quarti di finale. Anche Inghilterra, Germania e Portogallo hanno fatto meglio. Di più: non è mai successo, nella storia della Champions, di trascorrere cinque stagioni senza un’italiana in semifinale. Se Juve e Roma usciranno prima del previsto, il record negativo è raggiunto.

Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport 24/10

 

Fabio Licari: «Mentalità fragile. Preparazione fisica scadente. Pochi fuoriclasse (Tevez, il migliore della A, in Europa rimpicciolisce). Cattive abitudini italiane (Prandelli accusava i nostri club di adattarsi al “risparmio”). E anche la tattica: eravamo maestri mondiali, oggi troppi si accontentano del comodo 3-5-2. Risultato: siamo in seconda fascia. Spagna, Germania e Inghilterra, ma anche Portogallo, sono di un’altra categoria. E soprattutto non si vede svolta all’orizzonte».

Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport 24/10

 

Secondo Andrea Agnelli «le top 4 per fatturato, ovvero Real, Barcellona, Manchester United e Bayern, sono irraggiungibili per i prossimi 3-5 anni. Solo se il sistema calcio italiano e il prodotto collettivo Serie A cresceranno potremo colmare il divario con l’élite». La sua ricetta: «Investire negli stadi e costruire brand globali, visto che negli ultimi 10 anni la A è scomparsa dagli schermi dei maggiori mercati». E poi riduzione delle rose, seconde squadre, paracadute maggiore per le retrocesse.

Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport 24/10

 

In questo la vicenda di Massimo Moratti rispecchia in pieno i bruschi cambiamenti nel calcio italiano. Moratti ha lasciato l’Inter dopo 19 anni, 8 mesi e 5 giorni. Da giovedì alle 15.08, non è più presidente onorario della società, carica che ricopriva dal 15 novembre 2013, quando Erick Thohir aveva rilevato il 70% del pacchetto azionario.

Fabio Monti, Corriere della Sera 24/10

 

Breve ripasso. Dopo aver rilevato il 70% delle quote dell’Inter, l’indonesiano Thohir aveva deciso di governare lasciando a Moratti la carica di presidente onorario ma anche di punto di riferimento storico ed emotivo per i tifosi. Isidoro Trovato: «Undici mesi è durata la diarchia tra passato e presente, Italia e Indonesia, cuore e ragione. Non è un mistero che l’entourage indonesiano abbia ripetutamente ricordato a tutti che l’Inter fosse piena di debiti e sull’orlo del baratro».

Isidoro Trovato, Corriere della Sera 25/10

 

Luca Pisapia: «Nel suo ventennio di presidenza Moratti ha speso oltre 1,2 miliardi provenienti dalla cassaforte di famiglia della Saras – la raffineria costruita cinquant’anni fa dal padre Angelo Moratti a Sarroch, in Sardegna – per regalare ai tifosi, e a se stesso, gioie e dolori. Dalle battaglie con la Juventus cominciate sul campo e finite in Calciopoli alle prime gioie con Roberto Mancini in panchina, da campioni come Djorkaeff, Ronaldo, Vieri e Ibrahimovic a clamorosi bidoni come Sorondo, Gresko, Vampeta e Quaresma, dalla “tragedia” sportiva del 5 maggio 2002 alla gioia del triplete con Mourinho nel 2010».

Luca Pisapia, il Fatto Quotidiano 24/10

 

Ma anche per un innamorato del pallone con disponibilità economica straordinaria a un certo punto arriva il conto. Ancora Pisapia: «L’azienda di famiglia Saras, dopo la quotazione in Borsa del 2006 che frutta ai Moratti 1,7 miliardi colpendo però migliaia di piccoli azionisti, non può più ripianare le perdite, lo sponsor Pirelli non naviga neppure lui in buone acque. Moratti torna ad assumere e licenziare allenatori (Benitez, Gasperini, Ranieri, Stramaccioni) come il più arrogante dei padroni, e presenta bilanci sempre in rosso. I tifosi nostalgici lo vorrebbero in sella a vita, altri per la prima volta cominciano a mostrare insofferenza. La società in crisi di liquidità è affidata al mercato in attesa di acquirenti, che si materializzeranno poi in Eric Thohir».

Luca Pisapia, il Fatto Quotidiano 24/10

 

Ma oltre ai Ronaldo e ai Zanetti, agli Scudetti e al triplete, l’eredità lasciata da Moratti all’Inter è un profondo rosso nei conti. Pisapia: «Il 7 novembre, Eric Thohir sarà costretto a discuterne davanti alla Commissione per il fair play finanziario della Uefa, ed è già partita una legittima operazione di maquillage finanziario attraverso la creazione di una società sana, la Inter Media and Communication, che ha assorbito vecchi contratti in essere e ottenuto 230 milioni di credito dalle banche. Ma se il fair play è salvo, i 103 milioni di passivo restano tutti lì. Ed Erick Thohir ha dovuto chiedere a Moratti di liberarlo della sua presenza, concedendogli il gesto teatrale di un’ultima polemica. Quasi a voler caratterizzare un’epoca».

Luca Pisapia, il Fatto Quotidiano 24/10

 


Apertura a cura di Luca D'Ammando

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