I funerali di Hadar Goldin (Foto Ap)

La tragica direttiva d'Israele

Redazione

“Annibale” e l’angoscia di un paese che non lascia indietro soldati

Si chiama “direttiva Annibale”, dal nome del generale cartaginese. E’ l’ordine che nessun ufficiale israeliano vorrebbe mai dare. Se ne parla, in un balletto di smentite e illazioni, dalla fine degli anni Ottanta. E’ la procedura israeliana da seguire quando un militare viene catturato. Prevede di usare tutta la potenza militare perché non venga portato via, sparando sul commando in fuga, senza preoccuparsi per l’ostaggio. In questo caso l’ostaggio era Hadar Goldin, all’inizio considerato nelle mani di Hamas a Gaza, poi dichiarato morto. Ieri il New York Times, raccogliendo le dichiarazioni di ufficiali israeliani, ha avanzato l’ipotesi che Goldin sia rimasto ucciso in una “direttiva Annibale”, assieme a settanta palestinesi. Non si capisce questo assurdo senza l’isteria e la tragedia che Israele ha vissuto con il caso Gilad Shalit.

 

Mille terroristi, assassini di israeliani, furono rilasciati per il caporale. Un paese nello sconforto. Per milioni di israeliani ed ebrei nel mondo, Gilad era uno dei primi pensieri del mattino. Dal 1982 a oggi, settemila terroristi arabi sono stati liberati per avere diciannove israeliani. Settemila a diciannove. In Israele ci sono novecento monumenti di guerra, uno ogni diciassette soldati caduti rispetto all’Europa che ne ha uno ogni diecimila. Ma in Israele c’è n’è neanche un monumento al milite ignoto. Ci sono tombe sul Monte Herzl persino senza corpi, ma con già il nome e la placca. In attesa che li riportino “a casa”. Ecco l’assurdo e la grandezza malinconica di un paese che onora la vita fino all’estremo ed è pronto a tutto, anche ad “Annibale”. Morti o vivi, nessun soldato resta indietro.

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