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Sinistra Lilliput

Civati, Vendola, Landini e tutti quelli che non vogliono morire renziani ma non sanno come sopravvivere. Come slogan, le micro-sinistre futuribili hanno scelto il sempiterno “è possibile”, in auge fin dai tempi delle manifestazioni no global

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Piantonare l’area della sinistra-sinistra, fare la fronda interna o esterna al Pd (per andare dove ancora non si sa), creare uno “spazio aperto” di discussione, ripartire (rifondare?), riaggregarsi, farsi sentire, fare “pressione sull’agenda di governo”: questa l’idea sottesa alla tre giorni appena officiata in quel di Livorno – e alla vigilia della discussione sulla riforma del Senato – dal deputato e dissidente pd Pippo Civati, con la partecipazione amichevole di Nichi Vendola, Maurizio Landini, Gianni Cuperlo e Fabrizio Barca (già autore di un viaggio in Italia, un anno fa, con propositi simili anche se più dissimulati). A Livorno, dunque, luogo del cuore non del tutto benagurante per la gauche (vista la recente sconfitta amministrativa a mano grillina), si è dato vita a un nuovo laboratorio speranzoso di micro-sinistre unite dal sogno ricorrente di buttarsi oltre “il pensiero unico” nonché oltre l’ostacolo (al momento, Matteo Renzi).

 

[**Video_box_2**]Come slogan, le micro-sinistre futuribili hanno scelto il sempiterno “è possibile”, in auge fin dai tempi delle manifestazioni no global (“un altro mondo è possibile”, si diceva; un altro Pd è possibile, si dice ora, proprio quando il Pd prende il 40 per cento – e il problema sta anche lì, per i convenuti livornesi che gridano al “ricatto” dell’unanimismo fiorentino: non vogliamo contestare la leadership di Renzi, dicono, ma c’è modo e modo di comandare). Non che fosse più comodo un Pd dove comunque comandava qualcun altro e in più si perdeva: anche lì c’era da ridire, specie per Vendola, alleato di Pier Luigi Bersani ma con un piede mezzo fuori. Non che non ci avessero provato altri, ad aggregarsi “a sinistra di”, e non proprio con successo e senza lancio di piatti finale (vedi caso Ingroia, vedi caso lista Tsipras). Ma c’è sempre occasione per riprovare, tanto più ora che sul Senato si dice di voler dare battaglia (poi si vedrà). Non vogliamo morire renziani, hanno detto i partecipanti al “camp” di Civati; “ci sono altre forme di vita” nel Pd, ha detto lo stesso Civati; “sveglia”, governo, “qui portano via l’industria”, ha mandato a dire Landini, considerato fino a oggi il meno antirenziano dei sindacalisti, dalle pagine dell’Unità. “Universo comune, io vorrei fare delle cose insieme a voi”, ha detto il Vendola fresco di diaspora di alcuni ex pilastri di Sel (tra gli altri, Gennaro Migliore e Claudio Fava). Si gioca dentro e fuori dall’Aula: il senatore pd “ribelle” Vannino Chiti pure a Livorno s’è fatto vedere, per nostalgia del cosiddetto dibattito costruttivo. La terra dei distinguo è infinita, ma il punto è: distinguersi per fare che cosa? E’ sufficiente l’obiettivo di rimescolarsi tra (soliti) diversi contro il diverso per antonomasia, l’uomo solo al comando?

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Come tutti i sogni ricorrenti, può anche darsi che sia un desiderio, quello della sinistra-sinistra che risorge, ma è pure, a questo punto, un fantasma e un incubo: la rifondazione nostalgica che resta nell’aria nonostante i flop, sempre invocata dalle pagine di MicroMega ed esplorata sotto forma di gruppo girotondino, dipietrista, pre-grillino, diversamente grillino, post bertinottiano e supremamente movimentista. Ed è una catarsi ventilata che ha affascinato varie generazioni di “non” (non dalemiani, non veltroniani, non bersaniani, infine non renziani). E infatti proprio da MicroMega arriva la chiamata contro “la dittatura della maggioranza”: oggi il prof. Pancho Pardi sarà a manifestare davanti al Senato (ma senza Beppe Grillo, che, pur a Roma, ha smentito la sua partecipazione).

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