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Un matrimonio gay sotto (neanche troppo) mentite spoglie

Nicoletta Tiliacos

Il testo unificato che a settembre servirà da base di discussione per la legge sulle unioni civili omosessuali promesse dal premier Matteo Renzi è stato depositato venerdì scorso dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà. Si intitola “Disposizioni in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso”, e lascia pochi dubbi.

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Il testo unificato che a settembre servirà da base di discussione per la legge sulle unioni civili omosessuali promesse dal premier Matteo Renzi è stato depositato venerdì scorso dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà. Si intitola “Disposizioni in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso”, e lascia pochi dubbi – nonostante le assicurazioni contrarie – sul fatto che la reale intenzione dei proponenti è quella di introdurre un vero e proprio matrimonio gay. Il disegno di legge su questo non potrebbe essere più rivelatore. A partire dal fatto che, all’articolo 2 del progetto di legge, si dice che ovunque nel codice civile sia citata la parola “matrimonio”, vanno inserite le parole “da un’unione civile tra persone dello stesso sesso”. Si aggiunge anche che all’unione civile tra persone dello stesso sesso “si applicano tutte le disposizioni previste per il matrimonio nelle leggi, decreti e regolamenti, ad esclusione delle adozioni di cui all’articolo 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184” (una foglia di fico caduca, come spiegheremo tra poco). Inoltre, specifica, all’articolo 3, che “la parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso è familiare dell’altra parte ed è equiparata al coniuge per ogni effetto”.

 

Ugualmente rivelatore è l’articolo 1, nel quale si prevede che “il documento attestante lo stato dell’unione civile tra persone dello stesso sesso” deve contenere (oltre ai dati anagrafici delle parti, l’indicazione del loro regime patrimoniale legale e della loro residenza), anche “i dati anagrafici di eventuali figli minori dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, indipendentemente dalla durata della stessa, nonché dei figli di ciascuna delle parti dell’unione civile”.

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Ma chi sarebbero gli “eventuali figli” di una “unione civile tra persone dello stesso sesso”? Naturalmente, essendo impossibile che due persone dello stesso sesso facciano un figlio insieme – o forse la senatrice Cirinnà ha notizie diverse in proposito? – è chiaro che si tratta dei figli fatti con utero in affitto (coppie di uomini) o fecondazione in vitro con donatore eterologo (coppie di donne), completamente al di fuori della normativa italiana. Ma non solo. Quei divieti, per inciso, sono attivi anche in Francia, che pure ha approvato il mariage gay. E così, quello su cui altri paesi (anche nella Germania presa a modello) si sta accanitamente discutendo, qui sarebbe introdotto con un comma tra gli altri, con ammirevole nonchalance. E non basta. Il testo del ddl prevede  anche il diritto di inserire nel documento anagrafico i figli di ciascuna delle parti, avuti da precedenti legami. E’ il primo passo verso l’adozione che, in teoria, dovrebbe essere esclusa. Non adozione congiunta ma in due tempi, alla tedesca.

 

Si capisce, a questo punto, perché i quattro senatori democratici Emma Fattorini, Stefano Lepri, Nicoletta Bavero e Claudio Moscardelli si siano pubblicamente dissociati dal testo Cirinnà. Il disegno di legge a loro iniziativa (ne avevamo parlato qui) prevede infatti un nuovo istituto giuridico di unione civile riservato a persone dello stesso sesso, ben distinto dal matrimonio. Non ne modifica infatti la disciplina giuridica  e soprattutto non influisce “in alcun modo sulla condizione giuridica dei figli o sulla disciplina delle adozioni dei minori”. Tra il testo Cirinnà e il matrimonio gay non c’è che un’intercapedine di carta velina, inutile e già concepita per essere abbattuta al primo ricorso.

 

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