Silvio Berlusconi (Foto La Presse)

Un Caimano gay friendly

Stefano Di Michele

Sul camion apripista del Gay pride, tra Priscilla e Vida Boheme, sospeso ai palloncini arcobaleno, il Cav. degnamente figurerebbe. In opere, nessuno come lui ha fatto tanto per loro.

Sul camion apripista del Gay pride, tra Priscilla e Vida Boheme, sospeso ai palloncini arcobaleno, il Cav. degnamente figurerebbe. In opere, nessuno come lui ha fatto tanto per loro – ciò che era eccezione ha reso norma, ciò che era deplorato ha reso auspicato, ciò che era rigettato (seppur praticato) ha reso desiderato. Mica chiacchiere, piuttosto con dissennata gaiezza, con effervescente brio. Simile con simili – nello stile, si capisce, non nella pratica (lì, pure la Boccassini niente scoverebbe). Con felice intuito, lo aveva evidenziato la compagna Vladimir Luxuria al momento della candidatura con Rifondazione: “Figurarsi, facciamo la stessa cosa: tutti e due ci trucchiamo e tutti e due portiamo i tacchi alti”. Il Cav. può avere mille battute inadatte al politicamente corretto, certo più Pingitore che Oscar Wilde, ma di sicuro non è un moralista – e i lamentosi di sinistra, come un dì successe a Vendola che sul versante dell’omofobia lo spacciò per “fondamentalista islamico”, faticano tanto a vedere quanto a riconoscere questo suo eccezionale contributo. Non che nell’enfasi del momento al Cav. non sfugga la lingua (nel senso, s’intende, e non si fraintenda, di parola di troppo), disse pure che “i gay sono tutti dall’altra parte, a sinistra”, tutt’uno coi comunisti e le toghe rosse, ma la sostanza è ben altra. Il Cav. è idealmente uomo da “tana libera tutti!”, vivi e lascia vivere, da libero mercato pure dell’ormone – e più che con la sua azione di governo (lì, nel settore, niente ha aggiunto ma niente ha tolto), con la sua attività di imprenditore televisivo. Al fallico biscione – quasi eco del “Kobra” che fu, così che “non è un serpente ma un pensiero frequente / che diventa indecente quando vedo te, quando vedo te” – la rivoluzione del costume in Italia deve molto.

 

Quando ancora in Rai era sconsigliato persino dire “membro del Parlamento” (essendo un problema il membro, non il Parlamento) sulle reti berlusconiane già cominciava il fenomenale ammasso di ballerini, truccatori, scenografi, attori, presentatori – chiome con mèches, sculettamenti a favore di telecamere, pettorali succulenti, cosce palestrate, baci sospirosi. Dal “Grande Fratello” a “Uomini e Donne”, auree riserve muscolari sono state nei decenni ammucchiate, immesse sul mercato, rottamate e quindi riciclate. E seppure e indubitabilmente etero (troppo etero!, come da così tante pene giudiziarie si è visto), è il Cav. uomo che mai dimentica di portarsi dietro il beauty case e il visagista – l’epica convergente della rivoluzione liberale e del cerone: un donnino, nella maniacale sua attenzione alla piega dei calzoni, alla permanente, alla lucidatura delle scarpe. Poi, la sapienza quasi biblica, nel campo – per diretta e indiretta suggestione – di Chi dell’impareggiabile Signorini, pure D’Alema a torso nudo, ci fossero mai estimatori in quella nicchia di mercato, i pischelli bronzei di Maria De Filippi, e persino il poliziotto seriale gay ha offerto il Cav. alla causa. Ogni suggestione alla buona causa ha con liberalità offerto, al macho dubbioso come alla massaia, epicureo al massimo grado – quasi “porcellino nel gregge di Epicuro”, a volersi far scudo di Orazio, e non delle solite intercettazioni in cronaca. Perciò, logico e giusto suo approdo, il suo felice schierarsi. Il tacco, peraltro, c’era già.