10 giugno, 80 anni fa. La Coppa del Mondo dimenticata dalla Figc
“Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per strada, lì ricomincia la storia del calcio”, ha detto Jorge Luis Borges. E quando si prende a calci la storia di questo sport cosa succede?
[**Video_box_2**]“Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per strada, lì ricomincia la storia del calcio”, ha detto Jorge Luis Borges. E quando si prende a calci la storia di questo sport cosa succede? Perché oggi è accaduto proprio questo: il sito della Figc ha dimenticato l’anniversario del primo Mondiale vinto dagli azzurri (Italia-Cecoslovacchia 2-1), in buona compagnia di due quotidiani sportivi su tre (e tanti altri): Combi, Monzeglio, Allemandi, Ferraris, Monti, Bertolini, Guaita, Meazza, Ferrrari, Schiavio, Orsi, in panchina Vittorio Pozzo. Contro la Cecoslovacchia di Planicka e Nejedly, che sarà cannoniere iridato con 5 reti. Il 10 giugno 1934 era una domenica e allo stadio del Partito Nazionale Fascista (sulle sue ceneri è nato poi il Flaminio) c’erano circa 50.000 spettatori. Di fronte le due squadre più forti del momento, espressione di quel football mitteleuropeo che negli anni Trenta non aveva eguali al mondo. L’Italia in semifinale aveva sconfitto l’Austria di Hugo Meisl (1-0, Guaita), che per il suo gioco fu ribattezzata Wunderteam, e in finale andò sotto al 76’ per la rete di Puc, ma quattro minuti dopo Orsi pareggiò per portarci ai tempi supplementari, perché azzurro da sempre fa rima con sofferenza, anche se quella doveva essere la Nazionale del regime. Al 95’ il gol di Schiavio decretò la vittoria italiana che conquistò così la sua prima Coppa Rimet. Con Vittorio Pozzo ne vincerà un’altra nel ’38 in Francia, insieme a due coppe internazionali e un’Olimpiade. Il Ct più vittorioso della storia tricolore eppure il più dimenticato.
È come se contro l’Inghilterra l’Italia scendesse in campo con sole tre stelle, perché la quarta è caduta in terra, stracciata, scucita dalle nostre maglie. Il football è tradizione e innovazione, è storia, è memoria, delle affermazioni più belle come delle sconfitte più cocenti, più letterarie le seconde. Ogni volta che la Nazionale scende in campo gli avversari non vedono solo undici giocatori, ne vedono molti di più, vedono le nostre quattro coppe, vedono la nostra esperienza, la nostra forza e la nostra tenacia quando tutti ci davano per spacciati. Senza retorica, ma per amore di questo sport, dovremmo essere i primi a ricordarlo.