Contro la chiesa opinionista

Matteo Matzuzzi

Dire che la Familiaris Consortio è ‘bella’ nei suoi contenuti ma non è valida per la società contemporanea è un’opinione privata che si contrappone alla testimonianza viva che la comunione ecclesiale delle persone rende ogni giorno alla verità del matrimonio e della famiglia. Penso che oggi viviamo nella confusione dei concetti e delle idee. La bellezza della verità che avviene nell’evento della testimonianza comunionale delle persone è sempre valida per la società. Allo stesso tempo però essa è sempre difficile, anzi talvolta molto pericolosa per i testimoni stessi.

    *“L’insegnamento della chiesa non è una raccolta di opinioni di singoli individui ma una viva testimonianza resa dalle persone che, unite in questa chiesa, vivono nell’affidamento alla verità da loro desiderata, cercata e attesa”. Il professor Stanislaw Grygiel, ordinario di Antropologia filosofica al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia di Roma, interviene con un’intervista al Foglio circa il dibattito in corso nella chiesa sulla pastorale familiare a pochi mesi dal Sinodo straordinario convocato per il prossimo ottobre da Papa Francesco. Allievo di Karol Wojtyla all’Università di Lublino, Grygiel sarebbe stato successivamente consigliere e confidente del Pontefice polacco, con il quale avrebbe condiviso una lunga e profonda amicizia.
    Dopo le parole di qualche settimana fa del cardinale honduregno Oscar Rodríguez Maradiaga al quotidiano Kölner Stadt-Anzeiger in cui sosteneva che “il genere di famiglia descritto dall’esortazione apostolica Familiaris Consortio del 1983 non esiste quasi più”, date “le situazioni inedite” che si sono venute a determinare in questo trentennio, il professor Grygiel ricorda che “le opinioni provocate da queste nuove situazioni spesso non fanno che offuscare il centro che è quel Redemptor hominis in cui il matrimonio e la famiglia sono costituiti”.

    Il cardinale Oscar Maradiaga, nella recente intervista al quotidiano Kölner Stadt-Anzeiger, sembra porre in discussione il dettato dell’esortazione “Familiaris Consortio” di Giovanni Paolo II. Non tanto nei suoi contenuti, che egli definisce “belli”, quanto circa la validità degli stessi per la società contemporanea. A suo avviso, quel testo è ancora centrale nella pastorale familiare della chiesa cattolica o deve essere adeguato alle “nuove situazioni” che si affiancano alla famiglia tradizionale?

    Stanislaw Grygiel. “A mio avviso, nelle interviste gli uomini manifestano le loro personali opinioni in quanto individui e non invece la testimonianza che la persona e, quindi, la comunione in cui essa vive rendono alla verità. L’insegnamento della chiesa non è una raccolta di opinioni di singoli individui ma una viva testimonianza resa dalle persone che, unite in questa chiesa, vivono nell’affidamento alla verità da loro desiderata, cercata e attesa. Il cosiddetto mondo vive invece delle opinioni. Chiuso nella caverna del mito di Platone (Repubblica), esso si affida alle ipotesi e alle verifiche sperimentali della loro efficacia. Nel suo insegnamento la chiesa non cerca l’efficacia. La chiesa cammina verso la verità e perciò nel mondo delle opinioni vince quando viene sconfitta. La chiesa cammina verso il Golgota.
    Dire che la Familiaris Consortio è ‘bella’ nei suoi contenuti ma non è valida per la società contemporanea è un’opinione privata che si contrappone alla testimonianza viva che la comunione ecclesiale delle persone rende ogni giorno alla verità del matrimonio e della famiglia. Penso che oggi viviamo nella confusione dei concetti e delle idee. La bellezza della verità che avviene nell’evento della testimonianza comunionale delle persone è sempre valida per la società. Allo stesso tempo però essa è sempre difficile, anzi talvolta molto pericolosa per i testimoni stessi. La bellezza dei contenuti di Antigone di Sofocle è “valida per la società contemporanea” fino a tal punto che la censura comunista l’aveva trattata come una minaccia per il regime totalitario. La bellezza dei contenuti della Familiaris Consortio non è da allineare alle show-bellezze che con il loro corpo formoso reclamizzano i vari prodotti. L’insegnamento della chiesa non promuove la vendita di alcun prodotto. Esso insegna agli uomini il Figlio di Dio Incarnato e Crocifisso, ‘centro della storia e dell’universo’ (Redemptor hominis, 1). La presenza di Cristo nella testimonianza comunionale dei cristiani, cioè nella dottrina della chiesa, rende giustizia a tutte le ‘nuove situazioni che si affiancano alla famiglia tradizionale’. Le opinioni provocate da queste ‘nuove situazioni’ spesso non fanno che offuscare il ‘centro’ che è quel Redemptor hominis in cui il matrimonio e la famiglia sono costituiti. E’ in Lui, infatti, che l’uomo continua a essere creato come maschio e femmina (cfr. Gen 1, 27-28).
    Proprio per questo il matrimonio e la famiglia costituiscono il principio (archè) di ogni società e di ogni stato. Nel quarto libro delle Leggi di Platone leggiamo che, in quanto fonte della vita nello stato, sul matrimonio devono essere basate le leggi dello stato stesso affinché non abbia a sbagliare strada. Non è lo stato a decidere come possono o addirittura devono essere il matrimonio e la famiglia, ma sono il matrimonio e la famiglia a decidere della forma dello stato. Il matrimonio e la famiglia precedono lo stato. Lo stato non può esistere senza i matrimoni e senza le famiglie, mentre i matrimoni e le famiglie possono esistere senza lo stato. Di conseguenza lo stato dovrebbe adeguare ‘le nuove situazioni’ al matrimonio e alla famiglia e non viceversa. Non parliamo di ciò che deve fare la chiesa.

    Si dice da più parti che la chiesa non può più evitare di affrontare la questione dei figli che nascono al di fuori del matrimonio, le problematiche del gender, il divorzio, le unioni civili, i matrimoni omosessuali. L’arcivescovo di Monaco, il card. Reinhard Marx, ha detto che la chiesa dovrà “necessariamente” dare una risposta su tali questioni. Non si rischia, così facendo, di indebolire ulteriormente la famiglia come fondamento della società e sua prima forma naturale?

    Grygiel. “E’ evidente che la chiesa non può evitare di affrontare le questioni che sono venute a crearsi nelle nuove situazioni. Essa deve sempre avvicinarsi con il rispetto proprio del Buon Samaritano ai figli nati fuori del matrimonio, ai divorziati, agli omosessuali. Ma proprio questo rispetto dovuto alle persone esige dalla chiesa di essere viva testimonianza resa alla verità che costituisce la loro identità. In questo senso la chiesa tradirebbe l’uomo, se adeguasse la propria testimonianza alle opinioni nelle quali si esprimono ‘le nuove situazioni’. Il card. Marx ha ragione quando dice che la chiesa deve ‘necessariamente’ dare una risposta su tali questioni; questa risposta tuttavia non dovrebbe che in qualche modo rafforzare la presenza della Persona di Cristo in mezzo a noi e non invece alterare, se non addirittura eliminare, le Sue parole: ‘Sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio’ (Gv 5, 14); ‘Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più’ (Gv 8, 11). Il Buon Samaritano, immagine della chiesa, non si prenderebbe cura dell’uomo aggredito dal male, se fingesse di non vedere le sue ferite. La verità rende libero l’uomo, e non le opinioni che la evitano. Le mezze-verità fanno una gran confusione nella testa dell’uomo e ottenebrano la sua vista, rendendolo soggetto a ciò che è gradito agli occhi, buono da mangiare e utile ad acquistare le conoscenze (Gen 3, 6). Di conseguenza, egli pensa di essere Dio. Non vive più nella e della realtà ma nei e dei suoi surrogati che egli stesso si è creato. Il surrogato della realtà funziona come realtà ma non lo è. Ancora oggi mi fa nausea il ricordo del Kaffeeersatz bevuto durante l’occupazione tedesca e poi quella comunista. Chi è adesso che ci impone i surrogati del matrimonio, della famiglia? Chi è che tende a sostituire la chiesa con qualche scialbo suo surrogato, gradito agli occhi, piacevole da mangiare e utile ai potenti di questo mondo? Nessun Kircheersatz conduce alla salvezza, poiché nega la comunione delle persone”.

    Giovanni Paolo II aveva per così dire chiuso il dibattito già nei primi anni Ottanta, ribadendo che la famiglia è una ed è quella tradizionale. Oggi si invoca una riconsiderazione di questo principio, dal momento che il mondo è cambiato. A suo giudizio, ponendo il concetto di famiglia come oggetto di una discussione aperta, non si va incontro al pericolo di trovarsi a discutere poi anche della natura sacramentale del matrimonio?

    Grygiel. “Giovanni Paolo II non ha in alcun modo chiuso il dibattito sul matrimonio e sulla famiglia. Egli ha semplicemente invitato i cristiani e tutti coloro che seguono il desiderio della verità a contemplare come matrimonio e famiglia sono nel principio. Ha parlato della necessità di un loro continuo rinascere, il che si compie nel ritornare al loro principio. L’identità del matrimonio e della famiglia si lascia scorgere solo da chi li contempla nel loro principio, cioè nell’atto della creazione dell’uomo come maschio e femmina. La famiglia è considerata come ‘patchwork’ solo da coloro che, guardando se stessi come principio creativo del proprio e altrui essere, mangiano del frutto dell’albero di cui Dio si riservò il diritto. E’ Dio che ‘definisce’ l’identità dell’uomo e perciò quella del matrimonio e della famiglia. ‘Se Dio non c’è, tutto è lecito’, scrisse magistralmente Dostoevskij. Nelle società costituite dalla gente che mangia del frutto di quest’albero sono i potenti oppure le cosiddette maggioranze a decidere chi possa essere ritenuto uomo e cosa debbano essere il matrimonio e la famiglia.
        Ripeto, Giovanni Paolo II non ha chiuso il dibattito sul matrimonio e sulla famiglia. Egli ha invitato i cristiani a entrare nel dialogo con il ‘mondo’ come testimoni della verità tam antiqua e tam nova del matrimonio e della famiglia. La discussione aperta e franca del testimone della verità del matrimonio e della famiglia con il “mondo” non mette a rischio la loro natura sacramentale. Espone invece il testimone al rischio d’essere ridicolizzato, beffato e persino, come scrisse Platone, ucciso. Ma senza un simile dialogo la società è destinata a smarrire la ‘diritta via per una selva oscura’ delle opinioni”.

    • Matteo Matzuzzi
    • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.