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Caro Facebook, ti lascio. L’evoluzione della socialità è su WhatsApp

Michele Boroni

Proprio adesso che i genitori – e gran parte dei giornalisti – erano riusciti a superare le barriere digitali e iniziato a prendere confidenza con Facebook per dare un segno contemporaneo alle loro vite e, nel frattempo, gettare un occhio a ciò che scrivono figli e nipoti teenager, ecco che questi ultimi si stanno rapidamente allontanando dal social network più famoso del mondo. E’ ciò che accade in Italia, ma è un fenomeno piuttosto globale. Lo rivela la stessa Facebook Italia.

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Proprio adesso che i genitori – e gran parte dei giornalisti – erano riusciti a superare le barriere digitali e iniziato a prendere confidenza con Facebook per dare un segno contemporaneo alle loro vite e, nel frattempo, gettare un occhio a ciò che scrivono figli e nipoti teenager, ecco che questi ultimi si stanno rapidamente allontanando dal social network più famoso del mondo. E’ ciò che accade in Italia, ma è un fenomeno piuttosto globale. Lo rivela la stessa Facebook Italia: a ottobre di quest’anno l’audience potenziale per la pubblicità sulla piattaforma social era di 26 milioni, contro i 24 milioni rilevati nell’agosto 2013. A crescere sono soprattutto le fasce demografiche più mature – quella dei 45-55 anni aumenta del 48 per cento rispetto allo scorso anno, mentre quella degli ultra 56enni sale del 44 per cento (dati Blogmeter) – mentre cala per la prima volta (del 5 per cento rispetto all’anno scorso) la fascia dei 13-18enni. In realtà questi ultimi non si sono cancellati da Facebook (anche perché la procedura è piuttosto difficile da eseguire), ma lo utilizzano con frequenza e intensità ridotta. Tutte le conversazioni e i contenuti più interessanti e stimolanti sono state trasferite sullo smartphone e sulle cosiddette “social chat app”.

In principio fu WhatsApp, applicazione gratuita (ora il prezzo è di 0,99 centesimi di dollaro, circa 0,80 euro) che permette di mandare messaggi testuali, e non solo. Un’alternativa versatile, leggera e gratuita (se connessi a internet) agli sms che negli ultimi anni hanno subìto un drastico calo di utilizzo: nel 2012 le compagnie telefoniche hanno perso nel mondo circa 23 miliardi di dollari di fatturato derivanti dal traffico sms. Oggi WhatsApp conta ben 350 milioni di utenti attivi nel mondo, che inviano 11 miliardi di messaggini e 400 milioni di foto al giorno. Sulla scia di questo successo sono arrivati degli agguerriti competitor dall’estremo oriente (WeChat e Line) estendendo le funzionalità delle social chat app che, oltre al classico instant messaging, oggi comprendono chiamate audio/video, la possibilità di chattare con sconosciuti nelle vicinanze, condividere conversazioni e giochi in gruppi e pubblicare messaggi pubblici.

WeChat, che appartiene al colosso cinese Tencent, da qualche mese ha dato vita a massicce campagne di pr e pubblicità in tv. Dopo Lionel Messi, in Italia la testimonial del servizio di chat è diventata Belén Rodriguez, che fino a due anni fa era il volto di Tim. Leggere sotto la voce “tempi che cambiano”. Line è molto popolare in Giappone, perché unisce alla possibilità di comunicare anche la dimensione ludica attraverso migliaia di sticker, emoticon digitali da utilizzare nelle conversazioni e giochi di gruppo. Ma perché i giovani stanno migrando verso queste nuove piattaforme?

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Fondamentalmente perché le nuove app rispondono al desiderio di rimanere in contatto in modo più rapido e protetto con gli amici più intimi, lontano da capelli grigi e occhi indiscreti, in un “ambiente” creato apposta per gli smartphone, che ormai sono diventati protesi indispensabili per la costruzione dell’identità.

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Paradossalmente è un ritorno alla realtà e un allontanamento alle conoscenze tutte virtuali che, di fatto, impongono Facebook e gli altri social network: i contatti delle social app sono, nella maggior parte dei casi, amici della vita reale (perché dobbiamo conoscere il loro numero di telefono), oppure persone che si trovano nelle prossimità.

Uno dei fenomeni più popolari in rete negli ultimi tempi è il selfie (l’autoscatto compulsivo) e il sexting (evoluzione del sesso telefonico, attraverso lo scambio di foto di parti del corpo), pratiche molto utilizzate dai teen – che magari si pentono immediatamente dopo averle inviate. Nell’app SnapChat, molto popolare in Uk e in America, il mittente può decidere per quanto tempo una foto potrà rimanere visibile sugli smartphone dei destinatari. Chiamatelo “servizio anti sputtanamento”.

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