Casellario d'opinioni di strada sul caso Priebke

Redazione

Erich Priebke è colpevole ma il suo reato è caduto in prescrizione. Può tornare in libertà, dice il tribunale militare di Roma. I giudici vengono assediati dai parenti delle vittime delle Fosse Ardeatine fino a notte fonda, finché il ministro della Giustizia, Giovanni Maria Flick, non decide che l'ex Ss deve tornare in galera: la Germania ne ha chiesto l'estradizione. La sentenza provoca il risentimento degli organi di stampa. Per il Corriere della Sera, “l'Italia si indigna”, per l'Unità “l'Italia si ribella”, per la Stampa “l'Italia è ferita”. “Rabbia e sconcerto”, titola il Giorno, “Vergogna”, titola la Repubblica. Il Messaggero valica i confini e scrive: “Il mondo protesta”. E' una disapprovazione autentica quella di cui parlano i giornali. Siamo scesi per strada, a Milano, siamo andati nelle librerie, all'Università statale, nelle biblioteche, in tribunale. E abbiamo sentito che cosa pensa la gente.

    Erich Priebke è colpevole ma il suo reato è caduto in prescrizione. Può tornare in libertà, dice il tribunale militare di Roma. I giudici vengono assediati dai parenti delle vittime delle Fosse Ardeatine fino a notte fonda, finché il ministro della Giustizia, Giovanni Maria Flick, non decide che l’ex Ss deve tornare in galera: la Germania ne ha chiesto l’estradizione. La sentenza provoca il risentimento degli organi di stampa. Per il Corriere della Sera, “l’Italia si indigna”, per l’Unità “l’Italia si ribella”, per la Stampa “l’Italia è ferita”. “Rabbia e sconcerto”, titola il Giorno, “Vergogna”, titola la Repubblica. Il Messaggero valica i confini e scrive: “Il mondo protesta”. E’ una disapprovazione autentica quella di cui parlano i giornali. Siamo scesi per strada, a Milano, siamo andati nelle librerie, all’Università statale, nelle biblioteche, in tribunale. E abbiamo sentito che cosa pensa la gente. Galleria Vittorio Emanuele. Roberto Fogli è un pensionato, ha 59 anni, si aggira fra gli scaffali della libreria Garzanti e invita a non appiattirsi sulle tesi della storia ufficiale: “Gli avvenimenti di certi anni andrebbero riscritti. La pagina di gran lunga più dolorosa è quella della Resistenza e della Liberazione. Una guerra civile in piena regola, in cui, col pretesto della politica, sono state consumate moltissime vendette. La valutazione dei giudici di Roma mi sembra giusta, coraggiosa; ma si poteva essere più giusiti e più coraggiosi: assolvendo del tutto Priebke. C’era la guerra, lui era un militare che doveva rispondere al proprio paese ed eseguirne gli ordini”. Poco più in là, Carlo Cotrufo, 78 anni, partigiano nella Brigata Matteotti, la vede in altro modo: “Tanti ufficiali tedeschi hanno disubbidito a ordini folli; poteva farlo anche Priebke. Il fatto è che di questa vicenda si è occupato un tribunale militare, e i militari sono sensibili a questa storia degli ordini e dell’ubbidienza. Quest’uomo ha fatto uccidere 335 persone. Non dimentichiamolo. Andava condannato, anche soltanto per dare un esempio. C’è chi quella storia l’ha vissuta sulla propria pelle. Mio padre è stato deportato in Germania, e quelli che l’hanno deportato sono dei criminali. Mah, mi sembra di essere di fronte a una sentenza pilatesca”. “Ripescare Priebke e questa vicenda, dopo tanti anni, mi sembra assurdo - osserva Daniela Montanari, 24 anni, laureanda in giurisprudenza - ma penso che possa quantomeno servire per tenere viva la memoria. C’è sempre il rischio che si dimentichi, che quello che è successo cinquant’anni fa diventi già preistoria. Ecco perché, io, avrei preferito una condanna effettiva”. Per Andrea Porro, 33 anni, grafico, la questione della memoria andrebbe risolta in altro modo: “Credo siano molto più efficaci iniziative come quella di Steven Spielberg, il regista di ‘Schindler’s list’, che sta girando il mondo per raccogliere le testimonianze dei reduci dai campi di concentramento. Così si tiene vivo il ricordo e si insegna ai giovani che cosa fu il nazismo, non con i processi. Eppoi, colmo del ridicolo, il processo viene celebrato e si conclude così, come se nulla fosse. Pensate se Priebke verrà estradato in Germania e condannato dai tedeschi. Ci faremmo una figura meschina”. Oltre all’aspetto storico e simbolico, alla gente interessa molto anche quello giuridico. Umberto Grignola, 44 anni, libero professionista laureato in giurisprudenza, si chiede: “Sulla base di quale norma Flick ha deciso di rimettere in carcere un uomo giudicato libero da un tribunale? Mi dicono che la Germania chiederà l’estradizione. Ma l’ha già chiesta oppure no? E’ stata notificata? E c’è davvero l’intenzione di richiederla? Quella del ministro è una reazione sconcertante. La sentenza invece mi è piaciuta. E’ assurdo dire che Priebke doveva rifiutarsi di obbedire agli ordini: è giusto pretendere comportamenti eroici? E gli attentatori di via Rasella? Perché non si sono presi le loro responsabilità? Tutta Roma, in quei giorni, a seguito di un attentato precedente a quello di via Rasella, era tappezzata di manifesti che avvisavano di eventuali rappresaglie”. “Sul piano umano la sentenza irrita - ribatte Antonio D’Ignazio, 54 anni, consulente aziendale - perché di fronte a tanti morti, le responsabilità andrebbero individuate con più precisione. Ma sul piano del diritto, non lo so, non so se sono stati commessi degli errori. Mi chiedo, piuttosto, perché buttarsi in questo processo se il reato era prescritto”. Per Alessio Romanazzi, 27 anni, altro laureando in giurisprudenza, è stato un errore assegnare il procedimento a un tribunale militare: “Siamo in tempo di pace, era meglio che se ne occupasse un tribunale civile. I militari, da mezzo secolo, sono abituati a giudicare i renitenti alla leva o i casi di nonnismo.Avranno perso la bussola. La sentenza è sconcertante”. Anche Elisa Nuti studia giurisprudenza e prova a cimentarsi col diritto: “Come si fa a definire un omicidio continuato la strage delle Ardeatine? E’ pazzesco. Lo dice la parola stessa: è stata una strage, sono stati crimini contro l’umanità, e quelli non vanno in prescrizione. Eppoi il comportamento di questo Priebke, una vergogna. Sbruffone, arrogante, non ha dato il minimo segnale di pentimento. E noi lo abbiamo premiato”. Elisa è incalzata da Gabriele Gerenzani, assistente alla Statale di diritto romano: “Elisa ha ragione, e io vorrei aggiungere che questa storia degli ordini superiori mi lascia perplesso. Il codice militare dice che gli ordini palesemente illegittimi possono essere disattesi; mi risulta che molti gerarchi nazisti sono stati condannati su questa base. Non conosco gli atti del processo, ma mi sento di dire che le ragioni per giungere a una condanna, una condanna autentica, ci fossero tutte”. “Il rigetto dell’istanza di ricusazione proposta nei confronti del presidente della Corte, Agostino Quistelli, dimostra che i giudici erano in grado di decidere correttamente”, considera Alberto Seregni, studente in scienze politiche. Per tante persone tutta la vicenda è stata condizionata da posizioni e interessi politici. Lo ritiene, ad esempio, Francesco Fresi, 37 anni, viceresponsabile della “Libreria del Duomo”: “Chi si indigna per la sentenza dovrebbe essere più obiettivo e dovrebbe ammettere che allora i crimini vennero commessi da una parte come dall’altra. Ma mi sono reso conto che la storia viene raccontata secondo gli interessi di chi la racconta. Anche qui, in libreria, vedo solo testi a senso unico, che hanno distorto la realtà. A questa logica credo che ubbidiscano anche i giornali: basta leggerne i titoli. L’unica rabbia comprensibile è quella dei parenti delle vittime, che sono coinvolti sentimentalmente”. Concorda l’imprenditore ventinovenne Marco Leonetti: “Che significato aveva andare a prendere Priebke in Argentina, cinquantadue anni dopo i fatti? Sono solo strumentalizzazioni. Dopo la sentenza, i politici hanno strumentalizzato la furia della gente e si sono messi a sventolare la comoda bandiera dell’antifascismo. Violante, ridicolo, ha addirittura ordinato che la Rai trasmettesse un documentario sull’eccidio del ’44. E quelli hanno ubbidito. E i giornali? Anziché occuparsi della sentenza, con rigore filologico, si sono dedicati con cupidigia a riportare gli istinti della gente, le opionioni più banali, i racconti più strappalacrime”. Curiosamente, anche chi critica la decisione del tribunale prende le distanze dalle posizioni degli uomini politici. Una studente marocchina di scienze politiche (e che pretende l’anonimato) ce l’ha con tutti: “Certi crimini non dovrebbero mai andare in prescrizione, nemmeno dopo cento anni. Quel Priebke è un uomo orribile, che non si è nemmeno scomodato per chiedere perdono. Ma ora finirà nelle mani dei suoi amici tedeschi che se lo bolliranno. Scusate, ma voi italiani ne azzeccate poche. Quel Rutelli, poi, che spegne le luci e subito vuole farsi bello. E’ un sindaco che non manca mai quando può avere un tornaconto”. Sottoscrive Juanita Omacini, 23 anni, al terzo anno di giurisprudenza: “Come si fa a concedere le attenuanti generiche a un imputato che non mostra un minimo di pentimento? Ho l’impressione che i giudici abbiano voluto dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte; anzi, che abbiano studiato alla scuola del revisionismo. I politici? Hanno avuto reazioni un po’ ipocrite. Rutelli? Ridicolo”. Il sindaco di Roma è uno dei bersagli preferiti: “Spegnesse la luce a casa sua - dice irritato Ugo Sarao, cancelliere in Corte d’Appello - non è vero che tutti gli italiani sono scandalizzati. Anzi, gli italiani sono abituati al perdono generalizzato. Basta pensare agli omicidi di Aldo Moro e di Vittorio Bachelet”. Quando gli italiani facevano le rappresaglie E’ tutta “una farsa all’italiana”, secondo Alfredo Filippone, 35 anni, funzionario della Philp Morris a Bruxelles: “Il comportamento dei parenti è comprensibile, quello dei politici assolutamente risibile. Ma di questa storia sono tante le cose che non mi sono piaciute. Credo poco ai processi di cinquant’anni dopo. Se si voleva condannare il nazismo, penso si sia trattato di un esercizio inutile, perché la storia non concederà mai un’assoluzione a Hitler e ai suoi”. “E’ vero, ma un conto sono i giudizi storici, altro valutare le responsabilità personali - ribatte Tiziano Agliardi, 23 anni, studente in biologia - un uomo è responsabile sempre delle proprie azioni, anche cent’anni dopo che le ha commesse”. Secondo Carmela Calabrese, casalinga quaratottenne, il tempo non è evidentemente bastato per lenire il dolore di chi ha avuto parenti uccisi alle Ardeatine: “La sentenza è innazitutto ingiusta per loro. Priebke è una persona spregevole, al quale si poteva risparmiare la galera per motivi di età; ma non bisognava risparmiargli una condanna decisa, un biasimo generale. Ma non dimentichi che, oltre alla giustizia umana, dovrà affrontare anche quella divina”. Il commercialista Giuseppe Croci, 41 anni, aggiunge: “Dovrebbero spiegarmi per quale motivo, dopo cinquant’anni, un reato così grave non va punito”. Ci sono, naturalmente, numerose reazioni emotive: “Che schifo! E’ una vergogna. Priebke non merita la libertà”, esclama Simona Pirovano, ventenne, studentessa in lettere. E il pensionato Silvio Ferzetti è sconsolato: “Purtroppo il tempo è una medicina di cui si abusa. Ve lo dice uno che è stato deportato dai tanti Priebke con cui abbiamo avuto a che fare”. Molto aplomb, invece, a palazzo di giustizia, dove la risposta più gettonata è quella di Mariangela Ciani, operatrice amministrativa in tribunale: “Bisognerebbe leggere bene gli atti. Certo, di primo acchito si rimane perplessi”. E perplesso è anche il commercialista quarantaquattrenne Cesare Boccetti: “Hanno scoperto Erich Priebke nel 1996. Ridicolo. Ma perché nessuno va a cercare i responsabili delle Foibe? E perché nessuno ammette che lo strumento della rappresaglia è stato utilizzato anche dagli italiani, sia in Africa e che in Jugoslavia? Eppoi risparmiatemi questi politici. Flick non rispetta l’autonomia della magistratura, e il presidente Scalfaro dice che l’Italia è ferita. L’Italia è ferita da molte altre cose...”.