Politica e salotti

Passa anche dai Bazoli l'intesa tra Monti e il Pd

Alberto Brambilla

E’ forse sul finire della campagna elettorale che Mario Monti si avvicinerà con decisione al Pd e darà forma a quella che (viste anche le dichiarazioni di ieri del presidente del Consiglio e del segretario del Pd) sembra essere una sempre più probabile grande alleanza tra i progressisti di Bersani e i moderati del prof. Un’alleanza che passa anche dall’alta finanza lombarda e si nutre dell’amicizia che lega il presidente del Consiglio uscente al banchiere di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli.

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    E’ forse sul finire della campagna elettorale che Mario Monti si avvicinerà con decisione al Pd e darà forma a quella che (viste anche le dichiarazioni di ieri del presidente del Consiglio e del segretario del Pd) sembra essere una sempre più probabile grande alleanza tra i progressisti di Bersani e i moderati del prof. Un’alleanza che passa anche dall’alta finanza lombarda e si nutre dell’amicizia che lega il presidente del Consiglio uscente al banchiere di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli. Un indizio concreto c’è: il 10 febbraio, a quindici giorni dal voto, Monti comincerà lo sprint finale parlando alla fondazione dedicata all’imprenditore milanese Riccardo Catella all’evento “Ciclo di conversazioni per l’Italia”. Incontro riservato e promosso – si legge in calce all’invito – da Chiara Bazoli, secondogenita del banchiere bresciano e da suo marito, Fabio Coppola, un sostenitore di Monti. Chiara è membro del team elettorale del candidato di centrosinistra alla regione Lombardia, Umberto Ambrosoli. Sostenuto inizialmente da Bazoli e dal sindaco Giuliano Pisapia, Ambrosoli è un candidato in crisi di notorietà (“il mio nome è conosciuto per le caramelle al miele”, ha detto constatando il gap che lo separa dal “famoso” leghista Roberto Maroni).

    “E’ poco noto anche nel centro di Milano”, dice chi gli è vicino, “deve trovare grinta politica”, dice qualcun altro. E per questo ha ricevuto l’appoggio di un pezzo di establishment milanese accorso martedì a casa del finanziere Francesco Micheli per una cena da 130 persone. L’ottantenne Bazoli è stato trattenuto da impegni di lavoro ma “in rappresentanza”, cordiale e obbligata visto l’impegno politico, c’era Chiara.
    La convergenza tra Pd e Monti in casa Bazoli la si rintraccia anche nella candidatura del nipote Alfredo, già capofila dei renziani alle primarie con oltre 4 mila preferenze nel bresciano. Alcuni osservatori fanno notare al Foglio che sarebbe riduttivo concentrare l’attenzione solo su Bazoli. Esiste, infatti, un movimento più consistente che sta plasmando l’alleanza Monti-Bersani in Lombardia. E si collega a quella realtà della finanza bianca “cattolica”, dei “grandi vecchi” banchieri (quelli che il patron di Tod’s, Diego Della Valle, vorrebbe pensionare). Il mondo di Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo, azionista di peso in Intesa Sanpaolo, e di Bazoli, che di Intesa è il presidente del consiglio di sorveglianza, è “fortemente impegnato a costruire un’allenza tra il Pd e Monti, sia perché durante quest’anno di governo tecnico ha avuto ottimi rapporti con il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ben visto nella finanza lombarda, sia perché non esulterebbe per una vittoria unilaterale di Bersani”, aggiunge una fonte bancaria. Bazoli, però, non si è mai impegnato in politica (“mai avuto una tessera di partito”), e ha sempre preferito la riservatezza, dribblando i cronisti e muovendosi dietro le quinte.

    Accarezza l’idea di Romano Prodi al Quirinale, confida in Monti (“un amico che stimo”, ha detto), ma non è mai voluto scendere a Roma. Nemmeno quando, si dice, gli era stato proposto di guidare il governo tecnico nell’estate 2011. “Ha sempre agito come filosofo e non come operatore”, dice al Foglio Giancarlo Galli, biografo di Bazoli. “Ha dentro di sé uno spirito elitario, come Gianni Agnelli, e quindi, in un certo senso, rifiuta di mettersi in maniche di camicia. Di certo costruire una convergenza politica molto ampia è congeniale a evitare le critiche che ha sempre schivato e che tanto odia”, dice Galli.

    La “convergenza” secondo il genero Gitti
    Il genero di Bazoli, l’avvocato e professore Gregorio Gitti (ex Pd), è candidato alla Camera con Monti, dal quale è stato direttamente chiamato nella squadra di Scelta civica, pur “senza avere negoziato” – precisa – alcun incarico di governo. Tra i primi a credere nel progetto del Pd, Gitti adesso ha preferito il “messaggio autentico e di rottura” del movimento montiano, dice al Foglio, mentre il Pd “piegava” a sinistra con Vendola. E’ convinto che Bersani dovrà “riequilibrarsi” al centro, e sostiene sia utile un confronto sui temi “irrinunciabili” come l’abbattimento e la riorganizzazione “seria” della spesa pubblica: “Razionalizzare le spese essenziali e ridisegnare i compiti dello stato”, dice Gitti. “Non ci sono soluzioni facili né banali, ma non c’è alternativa alla necessità di fare riforme. Serve una ‘convergenza di verità’ in un paese che è stato sommerso di promesse disattese”.

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    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.