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Il cinismo di Kissinger

Redazione

Scimmiottando il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, Henry Kissinger ha predetto che “in dieci anni non ci sarà più Israele, non gli do più di dieci anni”, ha ripetuto come un mantra l’ex segretario di stato americano e premio Nobel per la Pace. Kissinger è un famoso cinico di classe, “un’anguilla più ghiacciata del ghiaccio”, diceva di lui Oriana Fallaci

Scimmiottando il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, Henry Kissinger ha predetto che “in dieci anni non ci sarà più Israele, non gli do più di dieci anni”, ha ripetuto come un mantra l’ex segretario di stato americano e premio Nobel per la Pace. Kissinger è un famoso cinico di classe, “un’anguilla più ghiacciata del ghiaccio”, diceva di lui Oriana Fallaci. Nel 1972, nonostante fosse lui stesso ebreo e con una dozzina di parenti finiti nelle camere a gas, Kissinger definì i gruppi ebraici di pressione in America “dei bastardi”. Poi, stando a un tape diffuso un anno fa dalla Nixon Library, Kissinger commentò così il dramma degli ebrei repressi in Unione sovietica, a cui veniva impedito di emigrare o venivano gettati nei gulag: “Anche se in Unione sovietica ficcassero gli ebrei nelle camere a gas, questa non dev’essere una preoccupazione americana. Forse, una preoccupazione umanitaria”.

Kissinger pronunciò queste parole alle soglie dell’angosciante guerra dello Yom Kippur, quella in cui Israele rischiò di essere cancellato davvero dalla mappa geografica. “Let Israel bleed”, faccia sanguinare Israele, disse Kissinger al presidente Richard Nixon, quello di “gli ebrei hanno un desiderio di morte”. Il cinico segretario di stato, come rivelò il New York Times, voleva che “Israele sanguinasse quel tanto necessario a renderlo più cedevole in vista della diplomazia post conflitto che aveva in mente”. Per fortuna degli ebrei sovietici e di Israele alcuni anni dopo arrivò alla Casa Bianca un altro tipo di presidente repubblicano, Ronald Reagan, che col suo idealismo cowboy liberò il popolo d’Israele dal giogo del comunismo e aprì loro le frontiere.

Nel cinismo di Kissinger, come quando predice la fine di Israele stretto fra il nucleare e la demografia, c’è sempre stato un nucleo di verità, vuoi il realismo spericolato delle classi dirigenti occidentali, vuoi la tentazione isolazionista americana, vuoi una certa spregiudicatezza di Washington nel trattare di e con Gerusalemme. Il 2012 è stato un anno molto simile al 1972, con le fanfare di guerra fra Israele e Iran che hanno gridato a livelli vertiginosi. Se vogliamo evitare che il 2013 sia uguale dal 1973 e che si inveri un nuovo Kippur di sangue, alla guida dell’America serve, oltre al cinismo kissingeriano, una buona dose di spregiudicatezza e di idealismo reaganiani. 

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