Il Cav. rimette Tremonti sotto tutela. Avanza il timore del golpe bianco
Silvio Berlusconi ha (ri)commissariato Giulio Tremonti: a gestire il decreto sullo sviluppo sarà il ministro dello Sviluppo, cioè Paolo Romani. E’ una novità rilevante, ammesso che questa decisione sopravviva alle prossime quarantotto ore.
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Le esternazioni di Umberto Bossi, che spalleggia la candidatura di Vittorio Grilli alla Banca d’Italia (sponsor Tremonti) e richiama l’opportunità delle elezioni anticipate, ieri non hanno granché preoccupato il Pdl che le considera poco più che un bluff, una mossa tattica volta a fare pressione sul premier a favore di Tremonti e della candidatura di Grilli. Al contrario, Berlusconi ascolta con qualche preoccupazione le voci di complotto neo democristiano che dai corridoi di Montecitorio sono arrivate fino alle orecchie dei cronisti parlamentari. E’ per questo che alla Camera non sarà posta la fiducia sulle intercettazioni. Eppure il Cavaliere non sopravvaluta i movimenti di Claudio Scajola e del suo gruppetto di deputati e nemmeno appare troppo intimorito dai (per la verità magri) capannelli che al Senato si riuniscono attorno a Beppe Pisanu. A chi ha avuto modo di parlarci ieri, il premier ha dato l’impressione di essere informato e di avere “sotto controllo” i settori malmostosi del Pdl. Ma ha anche avviato un sistema di monitoraggio alla Camera e al Senato che, entro martedì prossimo, dovrà restituirgli un quadro dettagliato dei malumori, delle istanze che emergono e della reale concretezza del pericolo (che nel più fosco e inverosimile degli scenari sarebbe la fuoriuscita di un pezzo del Pdl e una conseguente crisi di governo).
Quello che manca ai parlamentari inquieti che minacciano la tenuta della maggioranza e del Pdl è un forte legame e diretto con le organizzazioni sociali di Todi e dunque con la Cei che ne ha benedetto l’iniziativa. Eppure agli osservatori interessati e più berlusconiani non sfugge la pericolosa frattura interna, per esempio, al braccio politico di Comunione e liberazione, l’associazione cattolica che è un pilastro del Pdl. Roberto Formigoni inclina apertamente per un rapido passaggio di discontinuità che porti a quel Ppe italiano gradito a Raffaele Bonanni, a Rocco Buttiglione, a Beppe Pisanu e a molta parte dell’associazionismo cattolico e delle gerarchie. Negli ambienti più vicini a Silvio Berlusconi si sdrammatizza e si scommette sulla eccessiva eterogeneità culturale (e di obiettivi) dell’associazionismo cattolico. Eppure, sullo sfondo, resta il dubbio su cosa potrebbe produrre un improvviso scarto degli scontenti del Pdl in Parlamento: allo stato attuale non esiste quasi nulla e non c’è nemmeno una alternativa di governo pronta, ma l’improvvisa accelerazione degli eventi, sulla spinta anche di pochi numeri iniziali, potrebbe finire col convincere i cauti e gli attendisti.
Per questo al Cavaliere è stato segnalato con l’evidenziatore il posizionamento mimetico di Pisanu. Ma, fatti i calcoli, il senatore, da solo, non è in condizione di nuocere. L’opportunistica mossa di Claudio Scajola, tra martedì e mercoledì scorso, ha fatto temere che ci fosse una “intelligenza” esterna. Ma pare non sia affatto così. Persino il presidente berlusconiano del Senato, Renato Schifani, è stato oggetto di propalazioni al limite del grottesco intorno a riunioni in cui avrebbe lui stesso annunciato una finestra utile (a lui) per la crisi tra ottobre e novembre.
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