L’io diviso del predatore
L’ho conosciuto così. Il lungo regno di Mitterrand volgeva alla fine. Governava la destra e malgrado non fosse più ministro, a poco più di quaranta anni, era già una figura di punta della nuova generazione socialista. Lo invitiamo a un incontro “off the record” al Pichet, rue Pierre Charron, a un passo dai Campi Elisi: tavolo tondo per dieci, plateau di frutti di mare, salmone all’unilaterale, steak di tonno, insalata di spinaci crudi, dolce al cioccolato, caffè, Armagnac e Montecrist spropositati.
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“Sai ho visto una con un derrière da sballo, ti spiace se facciamo un altro giro, non hai fretta vero”. Io che speravo in qualche informazione esclusiva, in qualche dritta, mi ritrovo a fare da paravento. Nel suo modo di fare, di muoversi, di guardare non c’è però nulla della triste, avvilente complicità tra maschi quando parlano di donne: c’è invece il sintomo di un reale malessere, di una mancanza, la naturalezza di una fame antica che non si placa: un uomo pubblico, un uomo potente destinato a una carriera importante si trasforma d’incanto in un uomo che guida lentamente, con il finestrino aperto, si contorce sul sedile a cercare tracce, a fiutare odori: lo scarto tra il suo essere e il suo voler essere si impone con la forza crudele dell’evidenza. C’è una linea di faglia, una fêlure che divide in due, l’uno e l’altro, l’uno contro l’altro. Altro che complotto: è un intrigo, una lotta senza quartiere che da tempo si consuma nel sottosuolo, da dove ogni volta la parte oscura esce di impulso a frenare la sua ascesa e lui che ha tenacia e ambizione prova a risalire ma cade di nuovo. C’è nei fatti di New York un che di inconsapevolmente liberatorio, la guerre est finie e poco importa che sia la parte oscura ad aver vinto. E qualcosa a suo modo beffardo nel farlo sapere al mondo proprio nel paese e nella città che considera i crimini a sfondo sessuale “particolarmente esecrabili”: un po’ come se il Cav. facesse i suoi festini davanti largo Fochetti.
Ci sono molti modi per definire quello che è successo. Per gli uomini di legge atto criminale con l’aggravante della fuga e il volto disfatto, le mani ammanettate dietro la schiena, non concede repliche. Per i sociologi da talk show, violenza contro corpo di donna, abuso di potere del bianco ricco e tracotante che crede di poter disporre a piacimento della cameriera di colore e madre single. Medicalmente, sex addiction, dipendenza compulsiva da sesso, alla Michael Douglas, consigliabile ricovero in clinica meglio se lussuosa. Le unità di indagine del Criminal Behavior studierebbero il profilo e il modus operandi di DSK, convinti di trovarsi di fronte a un SI, Soggetto Ignoto come un altro, anche se in questo caso mondialmente noto, e di doverne anticipare il momento di massima pericolosità sociale, il punto di rottura. Si dirà sono americani, noi no. Da noi in Europa non si parla affatto, si tace. Eppure c’era tutto un mondo che sapeva. Alcuni giornalisti, lo stesso Sarkozy che al momento della nomina lo mise addirittura in guardia, perché in America è meglio non rimanere mai soli con una donna. Lo sapeva la Parigi libertine e partouzarde. Lo sapevano i dirigenti del Ps, di cui uno profetico disse che con questa storia di donne può esplodere in pieno volo, lo sapeva il suo amico di trent’anni e mentore prima del grande freddo, Lionel Jospin, che gli diceva “non sei molto virtuoso” e DSK gli replicava, “sei un protestante all’ultimo stadio”.
E lo sapevano tante donne, non solo quelle prese d’assalto ma anche quelle che lo hanno coccolato e difeso, dicendo che è lui il molestato, voi non sapete cosa fanno e che pose prendono pur di portarselo a letto. Lo sapeva ovviamente la sua terza moglie, Anne Sinclair, dagli incredibili occhi blu: quando ci fu il love affaire con l’economista stagista a Davos che per poco non fece saltare la sua poltrona, lei commentò “ci amiamo come il primo giorno, è solo l’avventura di una notte”. Non sapeva cosa potesse essere l’avventura di un pomeriggio. E soprattutto lo sa DSK, solito mandare alle donne sms “ti voglio” e prenderle il più delle volte. Lo ha detto qualche settimana fa a Libération che solo tre cose potevano interrompere la sua ascesa: i soldi, l’ebraismo e le donne. Perché si conosce, il bulimico che va così di fretta da essersi sposato a diciotto anni. Dicono che non sia violento, che non usi la forza ma il sorriso: come a dire ma come fai a resistermi? Ora il direttore ha toccato il fondo. A volerlo proprio consolare, come si dice: solo chi cade può risorgere.
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