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Idee pro crescita per mobilitare il risparmio. Parla Siniscalco

Michele Arnese

Domenico Siniscalco segnala un paradosso: da economista insegna che il risparmio finanzia gli investimenti, da banchiere d’affari e da ex ministro dell’Economia osserva invece che la mole da primato del risparmio italiano non affluisce se non a fatica in investimenti e nelle aziende. Per far coincidere la teoria macroeconomica con la pratica il presidente di Assogestioni ha qualche suggerimento: “In Italia non c’è un vero mercato dei capitali per la crescita. Il mercato è dominato da un capitalismo familiare e statale, e arricchito adesso da banche e da fondazioni bancarie. Manca un luogo dove risparmio privato e investimenti privati s’incontrano”.

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Domenico Siniscalco segnala un paradosso: da economista insegna che il risparmio finanzia gli investimenti, da banchiere d’affari e da ex ministro dell’Economia osserva invece che la mole da primato del risparmio italiano non affluisce se non a fatica in investimenti e nelle aziende. Per far coincidere la teoria macroeconomica con la pratica il presidente di Assogestioni ha qualche suggerimento: “In Italia non c’è un vero mercato dei capitali per la crescita. Il mercato è dominato da un capitalismo familiare e statale, e arricchito adesso da banche e da fondazioni bancarie. Manca un luogo dove risparmio privato e investimenti privati s’incontrano”. Siniscalco, però, non si limita alla diagnosi: “Con la riforma delle pensioni firmata nel 2005 dal ministro Maroni si prevedeva che il tfr, ricchezza dei lavoratori, finisse in gran parte nei fondi pensione, ma con provvedimenti successivi è stato convogliato nell’Inps. Mi chiedo: questa massa di risorse degli italiani non potrebbe essere incanalata nelle aziende e quindi in investimenti?”. La domanda per Siniscalco è retorica: “L’Inps potrebbe costituire una gestione separata, gestita come un fondo, che investe in obbligazioni e azioni, convogliando così denaro per la crescita e gli investimenti delle aziende”, che avranno così un’alternativa al canale bancario.

Perché non ne parla al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti? “Tremonti ha sempre avuto a cuore il tema del risparmio, sia come tutela sia come destinazione, e sta lavorando in questa direzione. Però non è soltanto il tfr la parte di risparmio che non ha ancora un utilizzo per lo sviluppo. Penso anche al risparmio postale”. Ma su questo Tremonti è già al lavoro con il fondo strategico che avrà partecipazioni in aziende ritenute di rilievo nazionale: “Iniziamo dicendo che è assolutamente necessario pensare a un utilizzo più dinamico del risparmio in generale. Detto questo, certamente il risparmio postale è auspicabile che non resti in una situazione pressoché inerte”. Evitando magari di essere utilizzato per intervenire nel capitale di aziende decotte, non crede? Non c’è questo rischio con il fondo strategico allo studio della Cassa depositi e prestiti? “Tutto dipende dalle scelte che saranno compiute dal comitato investimenti del fondo che sarà istituito. I criteri decisi due giorni fa dalla Cassa fanno pensare che gli interventi si concentreranno in imprese profittevoli oltre che strategiche”. E Parmalat è strategica? “Parmalat è un’impresa importante per il paese”. E quali sono le aziende strategiche? “Le imprese energetiche penso che possano essere considerate tali”.

Non è su questi dettagli, comunque, che il banchiere vuole concentrarsi bensì sulla necessità, anzi sull’urgenza, di far crescere un mercato dei capitali che possa sostenere le imprese: “Le recenti assemblee di società, come quella di Telecom due giorni fa, mostrano la crescente importanza dei fondi che a volte raggiungono anche il 40 per cento in assemblea, ma si tratta in gran parte di fondi esteri mentre i fondi italiani costituiscono solo l’1 per cento”. Ma perché i fondi pensione in Italia non hanno raggiunto livelli di altri paesi? “Con le riforme delle pensioni in tutti i paesi avanzati, i sistemi previdenziali diventano sostenibili per gli stati ma troppo poveri per i cittadini, nel senso che il sistema pubblico non potrà garantire una rendita adeguata e dello stesso livello del passato. Per questo servono più forme di previdenza”. La proposta che Siniscalco sta sottoponendo agli interlocutori in questi giorni è la seguente: un fisco agevolato sui rendimenti inversamente proporzionale alla durata dei piani di risparmio. “Il dibattito su come incentivare il risparmio di lunga durata è al centro dell’agenda politica in Europa e negli Stati Uniti”, premette Siniscalco che in questi giorni ne ha parlato a Bruxelles con il commissario Ue Michel Barnier.

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“Un modo di incentivare il risparmio di lungo periodo con finalità previdenziali potrebbe essere quello di consentire al risparmiatore di allocare i suoi investimenti in un conto – che potrà essere gestito da fondi, assicurazioni e altri intermediari finanziari – sul quale, superato un certo periodo di giacenza, si godrebbe di un’aliquota agevolata”. Il titolare di un simile conto, secondo l’idea del presidente di Assogestioni, sarebbe libero di diversificare al meglio i propri investimenti e di cambiare le scelte iniziali e finanche di ritirare le somme quando necessario: “A differenza del trattamento di fine rapporto o dei piani di previdenza complementare non si tratterebbe di una forma di risparmio forzoso o vincolato ma di un risparmio di lungo termine totalmente volontario e agevolato”.

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