Lo strano caso del signor Debenedetti
Vendeva interviste sensazionali a giornali minori, si fregiava di esclusive clamorose (“L’ultima intervista di Ratzinger da cardinale”, “Philip Roth contro Obama”, “Lech Walesa dice che il comunismo non è morto”). Finché Philip Roth, venuto a conoscenza di una falsa intervista ai suoi danni, ha fatto un paio di ricerche online e Tommaso Debenedetti, freelance romano, è finito in bella vista sul New Yorker descritto come uno dei più incredibili impostori che il giornalismo moderno ricordi.
Judith Thurman, giornalista del New Yorker, raccoglie il testimone dell’indagine, scoprendo uno scandalo che ha fatto guadagnare a Debenedetti l’apertura del prestigioso settimanale americano con il titolo di “The italian job”. Le interviste immaginarie sono innumerevoli: premi Nobel (José Saramago, Nadine Gordimer, Jean-Marie Gustave Le Clézio, Herta Müller, Günter Grass), firme acclamate (Wilbur Smith, Amus Oz, Gore Vidal), studiosi apprezzati (Paul Ginsborg, Carlo Bo), diplomatici (Ritter Scott), l’ex presidente sovietico Mihail Gorbaciov, Sua Santità il Dalai Lama, nessuno resiste al fascino di Antonio Debenedetti. Neppure Joseph Ratzinger, che gli ha concesso “l’ultima intervista da cardinale”.
Al triestino Il Piccolo, che ha ospitato i pareri dei numerosi premi Nobel, dicono di non aver mai sospettato niente (“Viene da una famiglia molto rispettabile!”).
Il presunto falsario ha perso le registrazioni delle interviste, ma nega di aver lavorato di fantasia. Sostiene che non ha mai ricevuto più di venti euro a intervista, che Roth e Grisham non vogliono inimicarsi Obama e sono costretti a mentire “per ragioni politiche”. Suo padre Antonio, critico letterario del Corriere, era stato dato per morto la scorsa primavera, complice una falsa agenzia di stampa.