Travaglio editore

Redazione

La notizia di ieri è che la GeMS (Gruppo editoriale Mauri Spagnol) ha comprato la sua quattordicesima casa editrice, la Bollati Boringhieri di Torino, consolidando la fetta di mercato, pari a quasi il nove per cento, e il ruolo di terza forza italiana dopo la Mondadori (28,9) e la Rizzoli (12,8). Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del gruppo, si celebra come leader degli editori e dei librai che definisce “indipendenti”.

    La notizia di ieri è che la GeMS (Gruppo editoriale Mauri Spagnol) ha comprato la sua quattordicesima casa editrice, la Bollati Boringhieri di Torino, consolidando la fetta di mercato, pari a quasi il nove per cento, e il ruolo di terza forza italiana dopo la Mondadori (28,9) e la Rizzoli (12,8). Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del gruppo, si celebra come leader degli editori e dei librai che definisce “indipendenti”, ma la vera storia è che a poco a poco sta cercando di costruire un gruppo editoriale alternativo al polo di Segrate. Rizzoli ormai è a un passo, ma l'idea di Mauri è più ambiziosa: vuole proporsi sul mercato come il cuore pulsante dell'ideologia antiberlusconiana.

    Qualche mese fa una delle sue case editrici, Guanda, ha pubblicato il libro dello storico autore Einaudi Marco Belpoliti dal titolo “Il corpo del capo”, rifiutato dalla casa editrice berlusconiana dello Struzzo perché si avventurava in un paragone iconografico tra Berlusconi e Mussolini. A breve, proprio la Bollati Boringhieri, pubblicherà il nuovo saggio del grande portoghese José Saramago, rigettato dal suo editore Einaudi perché definiva Berlusconi “un delinquente”. Mauri ha detto alla Stampa che la Bollati Boringhieri, ora che è protetta dal suo gruppo, “potrà concentrarsi sugli autori e sui libri, senza preoccuparsi dell'Utilizzatore Finale”, come da improvvida definizione del Cavaliere fornita dall'avvocato Niccolò Ghedini.
    Il gruppo GeMS controlla anche il 49 per cento della casa editrice Chiarelettere, la centrale dell'antiberlusconismo militante che pubblica a getto continuo gli instant book di Marco Travaglio & Co. (il prossimo è “Papi”) e tutte le inchieste giornalistiche capaci di raccontare l'Italia come un paese golpista, immorale e sudamericano.

    Chiarelettere è il principale finanziatore del nuovo quotidiano Il Fatto, che sarà presentato oggi a Roma e che dovrebbe uscire a settembre. Il Fatto è il quotidiano giustizialista che si ispira alla trasmissione di Enzo Biagi e che nasce dalla stagione dipietrista e beppegrillina dell'Unità pre Partito democratico. Sarà diretto da Antonio Padellaro e avrà come prima firma Travaglio, entrambi hanno quote della società. Quattordici pagine a colori, redazione giovane e snella, amministrazione a cura dei vecchi dirigenti dell'Unità e una affiatata squadra di opinionisti giustizialisti da Paolo Flores d'Arcais a Bruno Tinti, da Oliviero Beha a Gianni Barbacetto, da Pancho Pardi a Sandra Amurri, da Vauro a (probabilmente) Peter Gomez. La prima battaglia, sul blog su Internet “l'AnteFatto”, è quella contro la “legge bavaglio” che vieta la pubblicazione delle intercettazioni. Dovesse passare, sarebbe dura riempire le pagine.

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