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E’ il palinsesto ai tempi del divorzio, bellezza

Veni, video, Vinci

Maurizio Crippa

Il palinsesto ai tempi del divorzio è come un wonderbra senza contenuto specifico, che tutti provano a gonfiare con forme di velina, con banalità pro forma sulla politica al tempo della velina, con insulsaggini varie sulla liceità di divorziare dal ciarpame in cui sguazza la velina. Finché non è arrivato lui, il divorziando in persona.

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Il palinsesto ai tempi del divorzio è come un wonderbra senza contenuto specifico, che tutti provano a gonfiare con forme di velina, con banalità pro forma sulla politica al tempo della velina, con insulsaggini varie sulla liceità di divorziare dal ciarpame in cui sguazza la velina. Finché non è arrivato lui, il divorziando in persona. Si è scelto la camera nuziale della tv generalista, con tanti saluti a Alessio Vinci, e la notte che è appena passata, con l’assistenza di Bruno Vespa, ha sgonfiato tutto quel wonderbra di saccenteria. Tipo quello che Gad Lerner aveva gonfiato su (“push up”) l’altra sera all’Infedele.

Di come il divorziando abbia sbaragliato l’Asse del sacro che si era prontamente mobilitato in difesa della non-velinitudine si darà conto altrove. Qui ci si soffermerà in breve analisi sull’asse del Gad, che aveva messo in fila astrofisiche trash ed ex televisive engagé, poetesse mediorientali e politologhe finiane per spiegare quanto il divorziando faccia male al mondo, e specificatamente al “corpo delle donne”. In verità, più che un angelo vendicatore delle donne, Gad aveva l’aria del reduce sessantottino che ancora non si è disfatto dei sensi di colpa maturati quando le amiche non lo facevano entrare ai collettivi di autocoscienza. Altrimenti la sua trasmissione l’avrebbe intitolata “Il corpo della ragassa”, come il romanzo di Gianni Brera di cui al cinema fu incarnazione Lilli Carati: una che al giorno d’oggi sarebbe quantomeno commissario europeo. E a buon diritto. Invece l’ha intitolata al “Corpo delle donne”, titolo di un documentario di Lorella Zanardo contro la mercificazione (manipolazione? liposuzione?) del corpo femminile nell’epoca della tv commerciale. Tra una Carlucci e una Margherita Hack, è stato tutto un j’accuse contro quelle che si rifanno le labbra o si lisciano le rughe senza riflettere, le sciagurate, di stare pugnalando la democrazia. Roba da applaudire per sfinimento Alba Parietti, che almeno difendeva con coerenza adamantina il suo status di bellona e rifattona, ma pur sempre antifascistona e di sinistra. Mentre Cesarone Lanza provava a raziocinare che a volte la tv è lo specchio di quello che c’è, e non sempre è colpa di Berlusconi.

Fortuna che uno che se ne intende tanto di televisione quanto di casting politico, ovvero Marcello Dell’Utri, ha esposto a Klaus Davi il seguente pitagorico teorema: “Le veline laureate e preparate politicamente sono di gran lunga più apprezzabili di alcune telegiornaliste che non conoscono l’italiano”. Ça va sans dire, non ce l’aveva con Alda D’Eusanio, che l’altra sera ha preso idealmente a schiaffoni tutti i Gad Lerner del mondo celebrando a “Ricominciare” le sette bellezze di Umberto Smaila, le “Ragazze Cincin” di “Colpo Grosso” che lanciarono il nude-look televisivo quando ancora in Rai c’era il Minculpop. In un paese dove il cabaret del Bagaglino versione tette e culi ha chiuso per mancanza di Auditel e Gad ha fatto il record d’ascolti, la democrazia è salva. Col corpo della ragassa.

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