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Il nome di bio invano

Maurizio Crippa

“La Conferenza episcopale tedesca approva l’eutanasia passiva e l’eutanasia indiretta. Lo annuncia la rivista Micromega”. Micromega? Sì. Pare che d’ora in poi quel che pensano i vescovi cattolici tedeschi sia la rivista di Paolo Flores d’Arcais a deciderlo.

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La Conferenza episcopale tedesca approva l’eutanasia passiva e l’eutanasia indiretta. Lo annuncia la rivista Micromega”. Micromega? Sì. Pare che d’ora in poi quel che pensano i vescovi cattolici tedeschi sia la rivista di Paolo Flores d’Arcais a deciderlo. O almeno così sembrano ritenere in molti, dal sito Web che ieri pubblicava questa incredibile sintesi alla Repubblica, che titolava: “I vescovi tedeschi: sì all’eutanasia passiva, è morte dignitosa”.

Una bufala, ma non innocente, che ieri il portavoce della Conferenza episcopale tedesca, Matthias Kopp, si è affrettato a smentire in una nota pubblicata dall’agenzia Sir: le posizioni dell’episcopato tedesco, ha scritto, “non contrastano in alcun modo con le affermazioni del Catechismo della chiesa cattolica”, poiché sui concetti di eutanasia passiva e indiretta “la differenziazione che abbiamo adottato è quella illustrata dal Vaticano nel Catechismo”. Una bufala nella bufala, inoltre, perché il documento dei vescovi tedeschi citato dal sito di Micromega e che costituirebbe una “spaccatura” nella chiesa è in realtà vecchio di dieci anni. Si intitola “Christliche Patientenverfügung” (“Disposizioni sanitarie del paziente cristiano”), fu presentato a Dusseldorf nel 1999 ed è scaricabile da anni dal sito dell’episcopato tedesco. Per di più, anche l’annunciata “traduzione integrale” di Micromega è superflua: l’aveva già pubblicata nel 2001 la rivista “Prospettive assistenziali”, trimestrale della Fondazione promozione sociale di Torino, ed è da allora a disposizione sul Web.

Il presunto nuovo scandalo interno alla chiesa esiste dunque solo nella lettura forzata e fuorviante di un documento già noto e mai criticato.  Le “Disposizioni” furono redatte insieme da cattolici e protestanti e portano le firme del cardinale Karl Lehmann e di Manfred Kock, presidente del Consiglio delle chiese evangeliche. Dopo una lunga premessa pastoral-teologica, si affrontano tutti gli aspetti legati al fine vita, tra cui “le diverse forme di aiuto a morire”. Si distingue tra “aiuto passivo”, “aiuto indiretto” e “aiuto attivo” a morire. In modo conforme, come ha ribadito Kopp, al Catechismo universale.

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Poiché l’espressione ‘aiuto a morire’ è ambigua”, i vescovi tedeschi distinguono: “L’aiuto passivo a morire mira a garantire una morte dignitosa mediante la rinuncia a un trattamento che potrebbe prolungare la vita di una persona malata incurabile e già prossima alla morte. Esso presuppone il consenso della persona malata ed è giuridicamente ed eticamente ammesso”. Ciò concorda con quanto si legge al numero 2.278 del Catechismo a proposito di “interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate” e di “rinuncia all’accanimento terapeutico”. L’“aiuto indiretto a morire”, invece ,“si ha quando si somministrano alla persona morente medicine antidolorifiche prescritte dal medico, che possono avere l’effetto secondario involontario di affrettare la morte”, e “questo aiuto indiretto è considerato giuridicamente ed eticamente ammesso”. Analogamente, al punto 2.279 del Catechismo si spiega: “L’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile”. Mentre l’“aiuto attivo (o diretto) a morire” viene totalmente condannato.

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Difficile poter montare uno scandalo, e con dieci anni di ritardo, su queste basi. Inoltre, in una dichiarazione del 2007 i vescovi tedeschi avevano anche puntualizzato di opporsi “con decisione ai progetti che intendono consentire l’interruzione dei trattamenti necessari per la vita di pazienti in coma vigile e di persone con demenza grave. Tali persone non sono persone in punto di morte, bensì malati gravi che richiedono la nostra particolare dedizione e assistenza”. Nonostante queste evidenze, in concomitanza con il dibattito parlamentare sulla legge per il testamento biologico, si infittisce in Italia una campagna ideologica tesa a offrire un’immagine distorta delle posizioni della chiesa.

Ieri un lungo articolo sul Manifesto del bioeticista Maurizio Mori sosteneva la tesi secondo cui “la rivoluzione biomedica sta producendo la bioetica come movimento culturale e mandando in frantumi l’antico vitalismo ippocratico”, che sarebbe poi la vera base del pensiero della chiesa. Una dottrina ovviamente falsa, secondo Mori, anche se “a molti appare essere una ‘cifra dell’umano’”. Nel frattempo, il prossimo 20 marzo l’Università la Sapienza ospiterà una giornata di studi su “Le questioni etiche di fine vita tra riflessione filosofica e intervento legislativo”. Che rischia di servire, più che altro, come passerella editoriale per gli instant book sfornati dai protagonisti del caso Englaro: dall’attivissimo papà di Eluana allo stesso Mori.

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