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Il mestiere del buono-buono

Andrea Mercenaro

Circolano, sono casi rarissimi, taluni buoni niente male: molto educatini, molto perbenino, molto studiosetti, che non insultano nessuno, ma presumono per questo di saper ragionare

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Il buono è buono, non argomenta, esibisce il nodo che gli blocca lo stomaco; non ragiona polemizzando, denuncia la tua cattiveria; rivendica, che poi nemmeno rivendica, tanto gli viene naturale, il diritto a coprirti d’insulti come manco il Ku Klux Klan coi negri; il buono è tale di per sé; non si dà pena che esista una possibilità su mille che un gesuita sia gesuitico come il gesuita accusato fino a ieri di essere gesuitico come un gesuita. Assolutamente. Così il buono-buono. E il vero buono, che pure esiste, ma certo che esiste, è spesso talmente buono da non sospettare nemmeno da lontano che dilaghi chi ha fatto, della bontà, un redditizio mestiere. Ecco, e anche questa l’abbiamo detta. Circolano d’altra parte, casi rarissimi, taluni buoni niente male: molto educatini, molto perbenino, molto studiosetti, che non insultano nessuno, ma presumono per questo di saper ragionare. Li chiamano Cuperlo.

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