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Ce lo ricordiamo bene Gramellini fustigatore di costumi

Andrea Mercenaro

Oggi bacchetta l'ostentazione del lusso: infatti alla Stampa lo volevano, ma lui con Gianni Agnelli "cafone, avvocato per finta, figlio di papà e nipote di nonno, col Rolex addirittura sopra il polsino della camicia", non voleva averci a che fare. Parole sue!

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Me lo ricordo benissimo Massimo Gramellini, editorialista del Corriere della Sera di Urbano Cairo, gran signore senz’altro, ma dalla sobrietà quel nonnulla diversa da quella di Cesare Pavese. Me lo ricordo benissimo, dicevo, questo Gramellini cairista fustigatore di costumi il quale oggi prende per il culo il giovane Roman Pastore a causa del Rolex, o di quel che l’era, poiché :“È un problema mio e di chi come me è cresciuto a Torino, dove il lusso ostentato è stato sempre considerato un po’ cafone… d’altra parte che possiamo farci: alla vita pubblica si accostano soltanto ormai i ricchi di famiglia”.

Ricordo perfettamente il giorno in cui volevano assumerlo alla Stampa di Gianni Agnelli. “Di quel cafone, avvocato per finta, figlio di papà e nipote di nonno, col Rolex addirittura sopra il polsino della camicia?”, esplose il torinese Gramellini, “Di quel cialtrone similcalabrese ricco di famiglia, che piazza pure fratello e sorella al Parlamento?”. Ma Dio me ne guardi. E se ne andò, corse al giornale dei parchi Francescani, il nostro Massimo. Povertà e penitenza. Non ostentò. Finché un torinese, un torinese di adeguata signorilità, però, non lo convinse un giorno a fare marcia indietro. Leone Ginzburg si chiamava, mi pare. Oppure no, chiedo scusa: Luca Rolex Cordero Della Valle Audemars di Montezemolo. Detto Piguet.

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