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Bella Ciao o le canzoni di Salò? Non vogliamo aprire il dibattito?

Andrea Mercenaro

Conforta la certezza di sapere che i maggiori intellettuali del paese prenderebbero la parola. Ma non dite a Zan che a una femmina si può dire "ciao" solo in quanto "bella"

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Cantarla dopo l’Inno di Mameli? Prima dell’Inno di Mameli? Al posto dell’Inno di Mameli? Solo il 25 aprile? Anche il 26? In accoppiata con “tu scendi dalle stelle al freddo e al gelo”? D’altronde: perché cantare Bella Ciao? Ufficialmente? Che novità sarebbe questa? E le canzoni di Salò, allora? Ah no? Non erano forse, quei giovani, onesti come i giovani partigiani? Non sono, quelle morti, da onorare come queste? E via con un dibattito pieno, ricco, al passo con i tempi. Consolante. Perché conforta sapere che i maggiori intellettuali del paese prenderebbero la parola, che il Corriere aprirebbe le sue pagine alla discussione serrata, che l’onorevole La Russa, pur nel buio costruitogli intorno dall’Anpi, potrebbe esprimere quel No che mai avrebbe lasciato esprimere ai suoi nemici. E gli azionisti, poi, e i nipoti di Revelli, e i moniti di Calamandrei, e le traversate di Italo Balbo, e la Petacci: fidanzata o hitleriana? Ripercorrere tutto questo sarebbe consolante. Infatti già conforta. Così come conforta possedere la certezza che se mai l’onorevole Alessandro Zan venisse informato di come a una femmina si possa dire “ciao” soltanto in quanto “bella” (perché: son brutti i trans?), beh, quello per lo meno vi arresterebbe tutti.

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