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Cenetta a casa Formigli

Andrea Mercenaro

Quattro elicotteri, uno d’oro, uno d’argento, due di giada, fanno la spola con la cucina per i vol au vent con la pajata. Gli storioni dell’acquario in smeraldo, alimentato dalla spremuta di orchidee, espellono a getto continuo caviale freschissimo

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L’unico momento di tensione si è avuto quando i due camerieri che portavano il ritratto a grandezza naturale sono inciampati nel pianoforte a coda rovesciando l’intero ex re Faruk nel piatto dell’insalata russa guarnito da cinquanta sederini di pavone, ciascuno con al centro la sua piuma di struzzo. Cenetta comme d’habitude, a casa Formigli. Dallo Stadio della musica, allestito nel superattico grazie alle seicento colonne egizie di 22 metri, Claudio Abbado dirigeva l’orchestra tenendo volutamente basso il tono dei tromboni. Quattro elicotteri, uno d’oro, uno d’argento, due di giada, facevano la spola con la cucina per i vol au vent con la pajata. Gli storioni dell’acquario in smeraldo, alimentato dalla spremuta di orchidee, espellevano a getto continuo caviale freschissimo che semplici tubi ricavati da uno spettacolare rubino sangue di piccione s’incaricavano di dispensare ad ogni commensale. “Entrino a questo punto i cantori di Leopardi”, sollecitò Corrado dopo il “pasticcio caramellato di uccelli del nostro paradiso”, come recitava il menu. Due ore se n’erano fuggite. E di otto che si era a tavola, lungo quelle due ore, non s’è inteso un ruttino che fosse uno.

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