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La Tav è un qui pro quo

Andrea Mercenaro

I poetici Cinque stelle e i più pragmatici leghisti tengano conto di un fatto: tra i tifosi della Torino-Lione non c’è l’ombra di un negro

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Ci sarà scritto, non ci sarà scritto, questo chi lo sa? Non abbiamo la minima idea se nel contratto di governo esistano parole chiare e definitive sulla Torino-Lione. Farla subito, non farla più, o se preveda piuttosto, il famoso contratto, l’avventurosa clausola che il ministro Toninelli ingurgiti quantità micidiali di Acutil nel tentativo di risolvere, lui, il più simpatico, l’Adorabile nostro, quel rebus su costi e benefici incorporato da sempre nell’umana debolezza di volersi spostare il meno lentamente possibile. Del contratto davvero dunque non sappiamo. Sappiamo invece, o ci è parso di avere intuito, che su questa vicenda della Tav stia covando non si dice un conflitto, ma nemmeno un malinteso, se mai piuttosto, diciamo, un qui pro quo (che l’amoretto nostro, Toninelli, subito chiamerebbe qui quo qua) tra i poetici Cinque stelle e i più pragmatici leghisti. Capita. E se la risolvano loro. Lontani dall’idea di stare col giaguaro, noi non possiamo, però, non ricordare al Pragmatico che tra i tifosi della Tav non c’è l’ombra di un negro.

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